venerdì, febbraio 29, 2008

PESCA: UNA PREZIOSA RISORSA PER LA GUINEA BISSAU E L'AFRICA INTERA

Tesi della Dottoressa ZANINI VALENTINA

Parte 8

6.4 L’applicazione delle strategie nel settore della pesca

Un aumento dell’importanza dell’Africa Sub-Sahariana nel quadro internazionale della filiera ittica non si può ottenere se non attraverso lo sviluppo delle imprese. Il settore, infatti, ha garantito lo sviluppo delle esportazioni in quelle zone in cui sono state create imprese in grado di sottoporre alla lavorazione, anche limitata, il pescato fresco. Basti pensare al Lago Vittoria. In quel caso sono le multinazionali a controllare le imprese: sono gli africani che pescano, ma chi dirige le imprese di trasformazione e gestisce il commercio internazionale, sono dirigenti di multinazionali straniere. Principalmente si tratta di grandi gruppi asiatici ed europei, e, per quanto riguarda l’Europa, i principali importatori sono Olanda e Belgio.

Un’opportunità per lo sviluppo dei paesi dell’Africa è dunque legata alla presenza di multinazionali straniere, che gestiscano la prima trasformazione del pescato e il commercio internazionale. Le imprese, infatti, non si occupano direttamente della produzione ittica, lasciata ai piccoli pescatori africani, ma soltanto della sua prima lavorazione, per poi importare il prodotto in Asia o Europa. Questo è ciò che accade nella regione dei Grandi laghi.

Sulle acque costiere, invece, come si è potuto notare nell’analisi del settore ittico in Guinea Bissau, nella grande maggioranza dei casi le catture dei piccoli pescatori nazionali non fanno altro che servire al loro sostentamento, mentre la pesca industriale è praticata da grandi imbarcazioni straniere, che hanno al loro interno tutte le attrezzature necessarie per la pesca e per il primo trattamento del pescato. Le fasi successive della lavorazione sono poi svolte nei territori nazionali. Esse, dunque, non fanno altro che sfruttare le acque continentali africane, pagando ai governi un corrispettivo in denaro per ottenere il diritto alla licenza di pesca.

L’obiettivo di questo studio è presentare un’altra possibilità per lo sviluppo del settore ittico in Africa: la creazione di piccole e medie imprese del settore, affinché la pesca possa essere considerata come un’opportunità di sviluppo per l’Africa e prima di tutto garantire il sostentamento degli africani stessi.

Se infatti si creano piccole imprese, si garantisce occupazione e quindi maggiori redditi. Gli accordi che sono stati attuati fino ad ora con i paesi stranieri non hanno garantito il sostentamento agli attori della filiera. I piccoli pescatori a stento riescono a sopravvivere e la catena dei prodotti ittici in Africa è praticamente inesistente, perché le imprese di trasformazione sono pochissime e anche quelle poche non vengono sfruttate come si potrebbe. Sulle imprese di trasformazione, infatti, si potrebbe puntare per aumentare l’esportazione, perché se i sistemi di pesca fossero migliorati, e le politiche di governo sostenessero maggiormente la pesca nazionale invece che quella straniera, il commercio potrebbe basarsi non solo sul pescato ma anche sui prodotti semilavorati.

Il grosso problema, infatti, come è già stato sottolineato in precedenza, è che i governi dovrebbero puntare maggiormente sulle loro forze, e quindi promuovere lo sviluppo interno, non lasciarsi semplicemente “abbagliare” dagli ingenti quantitativi di denaro che vengono pagati dalle imbarcazioni straniere.

Quello della pesca è dunque un settore ricco di potenzialità e non può che migliorare.

Lo sviluppo delle piccole imprese non è sicuramente facile da attuare, e i governi da soli non possono promuoverlo, ma con l’aiuto della cooperazione internazionale si ritiene che questo possa essere fattibile.

Oggi, a questo proposito, sono presenti dei progetti che sono rivolti al miglioramento e allo sviluppo del settore ittico in Africa.

Un primo esempio è fornito dal sito della Comunità Europea, in cui si può trovare una proposta sulla quale si è discusso nell’assemblea della Commissione per lo sviluppo, tenutasi a Bruxelles lo scorso giugno, intitolata “Coerenza politica per lo sviluppo e gli effetti della politica della pesca dell'Unione europea sullo sviluppo della pesca in Africa occidentale”, in cui è stato presentato uno studio da parte di un Professore di diritto economico internazionale all'Università di Edimburgo (Regno Unito) e di una consulente indipendente (Oceans and Environment International, Londra).

Ancora, diversi sono i progetti portati avanti dalla cooperazione internazionale, in particolar modo promossi e attuati da Organizzazioni non governative.

Sul sito di “Mani Tese”, si trovano tutte le delucidazioni del “Progetto per il miglioramento della pesca artigianale e per la costruzione di un punto d'accesso all'acqua potabile nel villaggio di Gativè”, in Benin e di quello per la Guinea Bissau “Ottenimento della sicurezza alimentare attraverso il rafforzamento della pesca artigianale”. Quest’ultimo viene descritto come progetto della durata di 3 anni, che si propone di contribuire al miglioramento della sicurezza alimentare delle famiglie dei pescatori artigianali del rio Cacine, mediante: il rafforzamento delle capacità produttive, grazie alla formazione degli addetti ed alla fornitura di equipaggiamento idoneo, il potenziamento delle fasi di trasformazione, conservazione e commercializzazione del pescato, la creazione di una più stretta collaborazione con il Ministero della Pesca. Si inizia con un'attività di alfabetizzazione dei beneficiari per sei mesi e il Ministero della Pesca è coinvolto nella fornitura degli insegnanti per i corsi ed in periodici incontri con l'Unione dei pescatori del rio Cacine. Beneficiari diretti sono 706 persone dei 9 villaggi interessati, così suddivise: 180 pescatori, 51 aiutanti e 475 donne, impiegate nella trasformazione del pescato e responsabili della commercializzazione. Beneficiari indiretti sono i circa 8.000 abitanti dei 9 villaggi inseriti nel progetto.

Un altro esempio di progetto con finalità simili alle precedenti si può trovare sul sito della Fondazione “Aiutiamoli a vivere”, che prevede che si insegni ad utilizzare strumenti più efficaci e più avanzati per pescare in Congo perché si ritiene che il settore della pesca possa essere un’importante opportunità per lo sviluppo del paese.

Il punto di partenza è che venga promossa una strategia di sviluppo locale basata sull’iniziativa di attori locali quali imprenditori, sindacati, Organizzazioni non governative e amministrazioni locali. Solo chi fa parte del settore, infatti, può conoscere le necessità dello stesso.

Lo studio dei miglioramenti deve partire dalla situazione presente e sulla base di questa devono essere create delle strategie per attuare delle iniziative concrete. Per questo fondamentali diventano gli studi sul settore, senza delle statistiche precise non si sa da dove partire e, di conseguenza, dove si può arrivare. Tutte queste condizioni dovrebbero riuscire a indurre gli attori locali a fare affidamento principalmente sulle proprie forze, a elaborare una strategia di sviluppo incentrata sul loro effettivo potenziale e a considerare l’aiuto governativo come un mezzo e non un fine a se stesso.

Trattandosi di un approccio più che di uno strumento pratico, l’idea di accordi per creare associazioni territoriali, può essere applicata ad aree che hanno raggiunto differenti stadi di sviluppo.

Nelle aree più povere, dove non esistono piccole imprese, potrebbero essere le Organizzazioni non governative a promuovere l’aggregazione fra i diversi soggetti: potrebbero fornire assistenza tecnica o di altra natura, nella creazione e realizzazione di progetti legati a tale scopo. Essi dovrebbero essere integrati in una strategia di sviluppo locale, non dovrebbero essere orientati dalle politiche governative, ma partire dalle esigenze degli individui, delle associazioni e amministrazioni locali. Il loro obiettivo non dovrebbe essere solo la crescita dell’economia locale, ma anche il rafforzamento della coesione sociale e dei legami fra i diversi gruppi.

Nelle aree che hanno raggiunto un livello più alto di sviluppo, si può pensare subito ad un maggior coinvolgimento degli imprenditori e dell’amministrazione locale, i progetti possono essere più complessi, ma anche più interessanti per gli investimenti privati internazionali.

Ma questa idea può applicarsi a differenti stadi di sviluppo, il che non significa tuttavia che essa possa applicarsi a qualsiasi contesto. Infatti, come è già stato annunciato in precedenza, il soddisfacimento di alcune condizioni è essenziale. Dovrebbe esserci un minimo di stabilità politica e una scarsa conflittualità fra i diversi gruppi sociali o etnici. Inoltre, è importante che l’amministrazione pubblica venga decentrata in modo da rendere le amministrazioni locali competenti per promuovere e applicare i progetti. Una discreta gestione degli affari pubblici deve esistere sia a livello nazionale che locale. Infine, i Paesi in via di sviluppo interessati devono partire da un certo livello di iniziativa privata e un consistente settore informale, l’intervento statale deve essere limitato e garantire solo politiche che favoriscano lo sviluppo dei progetti.

In questo modo lo sviluppo diviene un processo endogeno, spontaneo e spinto dal basso. E questa sarebbe anche un’ottima soluzione nel limitare l’intervento dei governi, che come sappiamo, molto spesso non agiscono con le migliori intenzioni, si lasciano corrompere e pensano maggiormente ai guadagni immediati piuttosto che all’ottica futura.

Ma come è già stato ripetuto più volte il grande problema pratico relativo alla mancanza o alle difficoltà delle piccole imprese in Africa riguarda l’aspetto finanziario. In molti paesi africani l’assenza assoluta di intermediazione finanziaria e la mancanza di capitale sufficiente ostacolano la crescita del settore privato. Ciò va a vantaggio del finanziamento informale o dei sistemi produttivi poco efficienti e che non creano occupazione.

La situazione delle piccole imprese in Africa non è caratterizzata solo da carenza di capitale, ma anche dall’inefficienza delle istituzioni finanziarie e in particolare di quelle mirate al sostegno delle piccole imprese.

In questo contesto, il ruolo giocato dalle banche commerciali o dagli intermediari finanziari sostenuti dalla cooperazione internazionale appare inadeguato ad assicurare uno sviluppo imprenditoriale sufficientemente diffuso. Ciò deriva dall’incapacità strutturale a costruire relazioni radicate nel territorio produttivo.

Per questo è necessario che si creino delle vere e proprie politiche creditizie, che permettano lo sviluppo delle imprese sulla base delle necessità presenti sul territorio. In questo senso, andrebbero privilegiati i settori che possono dare maggiori opportunità ai paesi. Ecco quindi come fondamentale diventa l’interesse verso il settore della pesca, che, come più volte affermato, può ottenere una notevole importanza nelle economie nazionali dei paesi dell’Africa.

Ogni azione relativa alle politiche del credito nei paesi africani dovrebbe stimolare la costruzione dei sistemi produttivi delle piccole imprese.

Nel contesto africano è possibile sviluppare una capacità relazionale fra gli imprenditori, migliorare la quantità e qualità delle relazioni sia interne che esterne con il mercato, e favorire la diffusione di tecnologie moderne che accrescano la produzione e la competitività mediante una serie di regole e stimoli.

Per quanto riguarda l’acquisizione delle conoscenze tecniche adeguate, nel settore ittico queste riguardano principalmente i metodi di pesca, gli strumenti utilizzati per la cattura e quelli utili alla lavorazione. Finora il trasferimento di innovazioni e di tecnologie moderne ai paesi africani non ha avuto alcun successo, anzi in alcuni casi la dipendenza tecnologica dalle importazioni è addirittura aumentata, così come è successo in altri settori economici. E infatti questo è dimostrato dal fatto che sono le grandi imbarcazioni straniere quelle che pescano nelle acque africane con attrezzature tecnologicamente elevate, mentre i pescatori africani pescano su piccole canoe scavate in tronchi d’albero. Anche qui il ruolo della cooperazione internazionale è fondamentale: a partire dalle Organizzazioni non governative, si dovrebbero impartire nuove conoscenze e informazioni più adeguate agli addetti al settore. Quello che fino ad ora è mancato è il trasferimento di conoscenza dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, infatti molti progetti in Africa sono falliti perché non si è tenuto conto del contesto in cui dovevano essere attuati. È per questo che è fondamentale uno sviluppo che parta dal basso, da quelle che sono le esigenze degli addetti al settore: il miglioramento può avvenire solo attraverso la partecipazione attiva in tutti i passaggi della catena.

Tutte le analisi statistiche sull’imprenditorialità e la competitività dimostrano che le nuove imprese competitive scaturiscono soprattutto da attività artigianali, dall’iniziativa di emigranti/immigranti e da commercianti. La conoscenza tecnologica è l’elemento chiave a fondamento dello sviluppo e della crescita. Anche in questo caso un aiuto da parte della cooperazione internazionale per le imprese che potrebbero svilupparsi nel settore della pesca è fondamentale: conoscenze tecniche più adeguate su metodi di pesca, barche, sistemi ti trasformazione e lavorazione dei prodotti ittici non possono che essere utili allo sviluppo del settore.

Ma la dipendenza dall’assistenza esterna ha in qualche modo in passato limitato le possibilità di apprendimento delle comunità africane, per questo sarebbe necessario aiutare i paesi a sviluppare tecniche al loro interno, formarli e poi sostenerli nell’attuazione, senza prendere il loro posto. Il sostegno è infatti fondamentale, ma in generale, per tutti i settori economici, ciò che di meglio si può fare è formare uomini e donne, insegnare loro dottrine e tecnologie.

La formazione professionale e la diffusione di tecnologie dovrebbero mirare a trasferire le conoscenze tecniche agli individui. Raggiungere questo obiettivo è molto difficile, in quanto il know-how richiede delle conoscenze specifiche trasferibili solo nel contesto della produttività. Comunque, gli emigranti africani residenti in paesi industrializzati e a diretto contatto con i processi produttivi più avanzati possono costituire dei punti di riferimento strategico per lo sviluppo dei loro paesi di origine. Gli Stati che li accolgono dovrebbero quindi stimolare gli immigranti africani a promuovere le nuove imprese nei loro paesi.

Inoltre, le conoscenze tecniche possono anche essere trasmesse mediante un rafforzamento dei legami fra le piccole imprese stesse. Numerose esperienze dimostrano che le attività di diffusione stimolano le organizzazioni a migliorare e condurre i processi di cambiamento in maniera indipendente. Ecco dunque l’importanza dell’associazionismo: il fatto che siano gli attori che si trovano allo stesso livello della catena a cercare soluzioni per i problemi che coinvolgono tutti fa capire come sia importante la coordinazione orizzontale all’interno della catena stessa.

In conclusione, si ritiene che sia difficile che le piccole imprese nel settore ittico si sviluppino senza difficoltà e senza l’aiuto esterno. Ci vorranno notevoli passi e grandi sforzi, da parte dei governi, degli attori della filiera e della cooperazione internazionale, perché come è stato sottolineato saranno necessari notevoli investimenti finanziari che possono provenire soltanto da paesi donatori, ma sicuramente questo, se attuato, può portare a notevoli miglioramenti nel settore stesso e quindi nella posizione dei paesi dell’Africa nel quadro della filiera ittica. Se, infatti, si creassero piccole imprese di produttori e addetti alla trasformazione, i paesi africani avrebbero sicurezza alimentare e maggiori redditi assicurati da una parte, e maggiori possibilità per la loro presenza nel quadro internazionale della filiera ittica dall’altra. Si potrebbe puntare, quindi, sulla prima lavorazione dei prodotti ittici all’interno dei paesi stessi, prima di essere esportati.

Se dunque, in passato, il settore ittico non è stato particolarmente preso in considerazione dalle politiche nazionali e internazionali come punto di partenza per sostenere lo sviluppo dell’economia africana e la possibilità di alleviare la povertà in una delle aree più povere del modo, oggi, dalle proposte analizzate e dalle possibilità prese in considerazione, si può pensare che questo debba essere maggiormente analizzato e studiato, perché può garantire migliori condizioni di vita, minore povertà, maggiore occupazione e quindi tentare di alleviare la povertà di questi paesi.

giovedì, febbraio 28, 2008

CANCELLATO SU YOUTUBE IL VIDEO SULLE MUTILAZIONI GENITALI

Con una sottile senzazione di contententezza, segnaliamo che il video inserito su You Tube, riguardante le mutilazioni genitali femminili in Guinea Bissau, è stato cancellato.
Per questa ragione è stato eliminato il collegamento anche dal post di ieri.
L'aver eliminato una testimonianza assai cruenta e drammatica dalla rete, non faccia comunque calare l'attenzione su questo problema che coinvolge ancora troppe bambine, in diverse parti del mondo.
ACCORDO CON LA SPAGNA PER IL CONTROLLO DELLE COSTE
Il governo della Guinea Bissau e la Spagna hanno firmato un memorandum d'intesa che segna l'inizio del controllo della coste della Guinea-Bissau dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa nelle Frontiere esterne dell'Unione europea (FRONTEX).
L'accordo è stato siglato martedì pomeriggio a Bissau dal Direttore generale delle Relazioni esterne del ministero spagnolo degli Interni, Arturo Areyo, e il Ministro degli Interni della Guinea Bissau, Certorio Biote.
"Siamo in grado di collaborare nel campo della criminalità organizzata e questo accordo che abbiamo appena firmato per l'immigrazione legale è lo stesso firmato con il Senegal, la Mauritania, Capo Verde, Gambia e Guinea-Conakry" ha affermato Areyo.
L'accordo consentirà di porre le basi per rafforzare il controllo delle coste della Guinea-Bissau e fissa una base per il consolidamento delle relazioni bilaterali tra i due paesi.
Il Ministro degli Interni della Guinea Bissau, da parte sua, ha detto che il suo governo "si è impegnato a rispettare scrupolosamente" l'accordo che è stato appena firmato per contribuire a una notevole diminuzione dei flussi migratori verso l'Europa.
Centinaia di immigrati clandestini provenienti sulla costa spagnola, da tre porti di imbarco della Guinea-Bissau, in particolare Varela (nord), in isole Bijagos (sud-ovest) e di Bissau, la capitale. Un centinaio di immigrati clandestini Guinea-Bissau sono stati rimpatriati lo scorso anno in Spagna.
fonte: panapress

mercoledì, febbraio 27, 2008

MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE IN GUINEA BISSAU
UN VIDEO SU YOU TUBE

Pochi giorni fa, due leaders musulmani, hanno duramente attaccato il Governo della Guinea Bissau, accusandolo di perseguitare l'Islam, per voler approvare una legge che vieti la pratica della mutilazione genitale femminile in tutto il paese.
Su YouTube, da oggi è apparso questo filmato (che non posto direttamente sul Blog), dalle scene durissime. Immagini non adatte a persone troppo impressionabili o sensibili.
Non sò se chi ha inserito il video su You Tube abbia fatto bene o male... Se il video rende esplicita denuncia ad una pratica tanto cruenta come la mutilazione genitale femminile, da un lato...dall'altro mostra immagini che, per la loro intensità e drammaticità, forse non dovrebbero essere accesibili a tutti (parlo esplicitamente dei tanti bimbi che navigano in Internet).



I guineani in Italia
Uno degli obiettivi di Namitipenabula, come sapete, è quello di mostrare il volto di bissau guineensi presenti in Italia.
Oggi presentiamo Clementa Dos Olis Vieira, una ragazza della Guinea Bissau che da dieci anni vive in Italia (in provincia di Treviso): da anni ospita nella propria casa bambini vittime di malformazioni che altrimenti verrebbero uccisi nei loro Paesi in base alle credenze popolari, dando una speranza di una vita migliore a chi sta vivendo in territori dilaniati da una guerra civile assurda.
Su questo tema ha scritto anche un libro, "io voglio vivere" bambini di Guinea senza futuro e ha ricevuto il premio Civilitas della Città di Coneglian
o. Intanto attende l’esito del referendum indetto dal Corriere del Veneto e da Rete Veneta per scegliere «L'uomo e la donna dell'anno».
Sposata dall’agosto 2006 con Carlos, Clementa è molto attiva nel sociale ed è impegnata anche in conferenze e incontri per promuovere lo scambio culturale e d’istruzione tra Guinea Bissau e Italia.
Prossimamente scriverà per il nostro blog un articolo sulle credenze popolari bissau guineensi.
LA GUINEA BISSAU (FORSE) AI MONDIALI UNIVERSITARI DI PALLAMANO di VENEZIA

I MONDIALI UNIVERSITARI DI PALLAMANO ASPETTANO I TEAM AFRICANI PER RAPPRESENTARE TUTTI I CINQUE CONTINENTI

Se almeno una tra Tunisia, Unione delle Comore e la “new entry” dell’ultima ora Guinea Bissau, formalizzeranno l’iscrizione, ai prossimi Mondiali Universitari di pallamano saranno rappresentati tutti i cinque continenti.
Si preannuncia dunque una grande partecipazione alla rassegna iridata che si terrà a Jesolo Lido, oltre che a Oderzo e Meolo, dal 5 al 13 luglio 2008.
Attualmente, a poco più di quattro mesi dal fischio d’inizio, ben sette Paesi europei hanno iscritto la loro selezione sia al torneo maschile che a quello femminile: si tratta, nel dettaglio, di Azerbaijan, Polonia, Repubblica Ceca, Serbia, Turchia e Ungheria, oltre naturalmente all’Italia.
Il continente asiatico sarà rappresentato, tanto per cominciare, dalla “doppietta” del Giappone senza scordare la presenza tra gli uomini dell’Iran; per quello americano vi è già il sì del Messico e a giorni potrebbe unirsi pure il Brasile, per l’Oceania invece risponderà presente l’Australia.

All’appello manca come detto solamente l’Africa, ma l’interesse manifestato dalle già citate Tunisia, Guinea Bissau e persino Unione delle Comore, isola (ex colonia francese) bagnata dall’Oceano Indiano collocata tra Mozambico e Madagascar fa davvero ben sperare circa la possibilità di allestire un evento in grado di abbracciare tutte le latitudini.

In totale alla 19^ edizione dei Mondiali Universitari di pallamano (on line all’indirizzo www.wuchandball2008venezia.it/) daranno vita 16 selezioni maschili e 12 femminili: il quadro definitivo sarà completato nei prossimi giorni.

Fonte: www.vesport.it
UN INTERESSANTE ARCHIVIO FOTOGRAFICO SULLA GUINEA BISSAU degli ANNI 70

Clicca qui sotto!

http://www.liberationafrica.se/audiovisual/photos/guinea_bissau/
CONTINGENTE di 150 MILITARI della GUINEA BISSAU in GUINEA CONAKRY....
COSA BOLLE IN PENTOLA?

Articolo in lingua Francese!
Estratto da:
www.senegambia.blogspot.com

Un contingent de 150 militaires Bissau Guinéens arrivés à Conakry

Origem do documento: www.africatime.com, 26 Fev 2008
(Guinea-Forum 26/02/2008)


Décidemment, il y a quelque chose en préparation à Conakry. Selon une source très proche de la présidence de la République, des militaires en provenance de Guinée Bissau seraient arrivés à Conakry il y a une semaine. Cette opération s’est déroulée de façon très discrète, les militaires ayant fait des voyages nocturnes à bord de deux camions militaires avec des fausses immatriculations. Les deux camions militaires Bissau Guinéens avaient des immatriculations appartenant à l’armée guinéenne.

Ce premier groupe fait partie d’un contingent de 450 militaires promis par le Général Nino pour mater toute tentative de « coup d’État » si Lansana Conte devrait être évacué pour des soins d’urgence. Nino, il y a un an avait envoyé un contingent militaire qui avait joué un rôle primordial dans la répression sanglante de la grève de Janvier et Février 2007.

Décidément, le Général Nino qui doit son retour à la présidence de la Guinée Bissau, grâce au support de Lansana Conte, sera déterminant dans l’après Conte.

Les questions qui se posent sont les suivantes :

1)- Le syndrome togolais serait-il à l’œuvre en Guinée ?

2)-Ce contingent serait-il destiné à neutraliser la fraction de militaires guinéens qui serait opposé à la succession du fils au père ou un contrepoids aux velléités du Premier Ministre que la présidence croit est entrain de préparer sa propre rébellion dans l’armée ?

Ousmane Conte devenu un des barons de la drogue dans la sous région et cela avec l’appui des autorités Bissau Guinéennes œuvre inlassablement en coulisses pour sauver l’empire familial y compris le pouvoir et la gestion de « l’après papa ».

Si tout se déroule comme prévu, l’ensemble des 450 militaires en provenance de la garnison militaire de Bafata, sera à Conakry avant la fin de cette semaine.

Nous y reviendrons avec des photos à l’appui sur le militaires Bissau Guinéens stationnés à Conakry.

Moussa Sylla, à Kipé, Conakry, Guinée
© Copyright : www.guinea-forum.org/ www.guinea-forum.org (Tous droits réservés)/2008

martedì, febbraio 26, 2008

PESCA: UNA PREZIOSA RISORSA PER LA GUINEA BISSAU e L'AFRICA INTERA

Parte 7

6.3 Strategie per promuovere le piccole imprese in Africa

Come già affermato in precedenza, lo sviluppo dei piccole imprese in Africa è fondamentale perché il continente possa aumentare la sua importanza a livello globale.

Ma prima di procedere nell’analisi della strategia di promozione dei sistemi di piccole imprese in Africa, è necessario sottolineare ancora una volta la limitatezza e incompletezza delle fonti sui sistemi di piccole imprese africane. Esse si basano su dati parziali relativi al settore informale o su studi sulla produzione manifatturiera. Come già stato più volte ripetuto in precedenza, la scarsità di informazioni, la dubbia attendibilità dei dati statistici disponibili e, comunque, la poca funzionalità dei dati tradizionalmente raccolti rispetto all’obiettivo della promozione di sistemi di piccole imprese costituiscono un vincolo preliminare all’analisi.

Secondo lo studio e effettuato dal Cespi, “Promoting small size enterprises in Sub-Saharian Africa. A proposal for action.” il punto di partenza è che le aggregazioni dovrebbero scaturire da un processo di sviluppo endogeno. Ciò richiede la promozione di un ambiente favorevole di sviluppo generale e un contesto capace di trarre benefici dagli interventi e aiuti esterni.

Infatti, nel voler studiare l’approccio allo sviluppo delle piccole imprese in Africa, si parte dal presupposto che i singoli paesi necessitano di aiuti a livello internazionale per la creazione e il mantenimento di tale modello di sviluppo. Gli attori della cooperazione internazionale stanno cercando ora di promuovere lo sviluppo dell’economia di mercato nel settore privato.

Per promuovere le piccole imprese, è dunque necessario il soddisfacimento di alcune condizioni specifiche che appaiono essenziali per accrescere l’impatto della cooperazione allo sviluppo. Tali condizioni sono principalmente:

- Diffusione dello spirito imprenditoriale: elemento fondamentale nei progetti relativi allo sviluppo delle imprese è che esso si diffonda in tutto il tessuto sociale. Gli uomini e le donne impiegati nelle imprese interagiscono con molti individui che conducono le attività. Tale interazione è proficua solo se il ruolo, gli obiettivi e l’immagine socioculturale dell’imprenditore sono riconosciuti e condivisi dalla società civile.

- Liberalizzazione e decentramento amministrativo: abilità industriali, politiche di competizione e capacità amministrative a livello locale aiutano la creazione di un ambiente favorevole alla crescita delle piccole imprese. Un programma di decentramento e di “capacity building” dell’amministrazione locale è essenziale per l’applicazione di qualsiasi programma di sviluppo. Al fine di stimolare l’aggregazione è quindi necessario operare in un contesto amministrativo semplice ed efficiente orientato alla prassi della buona gestione degli affari pubblici. Gli amministratori locali dovrebbero essere a conoscenza delle tecniche e delle politiche industriali, mentre, nel contesto della liberalizzazione, l’applicazione effettiva di politiche di competizione a livello locale appare essenziale per favorire l’accesso al mercato mondiale.

- Coesione sociale a livello locale: tra amministrazione locale, imprenditori, reti e associazioni per l’autoaiuto, organizzazioni di lavoratori. Un processo spontaneo di interazione e cooperazione fra alcuni protagonisti di questo ambito sarebbe ottimale. Esso darebbe vita a un gran numero di legami e stimolerebbe la creazione di un “circolo virtuoso” di democratizzazione, crescita economica, fiducia reciproca e cooperazione fra gli imprenditori, i lavoratori e i funzionari. La cooperazione fra gli attori economici e sociali mirerebbe alla definizione di un “interesse comune” volto al raggiungimento di obiettivi imprenditoriali e da cui deriverebbe una maggiore efficienza collettiva.

- Coinvolgimento degli intermediari finanziari locali come banche locali, cooperative del credito, organizzazioni non governative. Le piccole imprese hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse finanziarie, un sistema di finanziamento locale che includa varie organizzazioni per l’autofinanziamento delle piccole imprese è una condizione importante per l’ampliamento del loro accesso al mercato dei capitali.

- Espansione dei mercati locali e liberalizzazione/integrazione dei mercati regionali: l’aggregazione può avere grande successo se si mira all’espansione dei mercati locali. In questo contesto, la produzione e la capacità delle piccole imprese di partecipare all’esportazione aumenterebbe il bisogno di cooperazione. Ne deriverebbe una maggiore cooperazione tra gli imprenditori, rendendoli capaci di fronteggiare le sfide dell’economia di mercato.

- Infrastrutture di base: allacciamento idrico ed elettrico, reti di trasporti e telecomunicazioni.

Quelle di sopra elencate sono dunque le condizioni necessarie per la promozione delle piccole imprese in Africa, che per molti aspetti riprendono gli aspetti già analizzati a riguardo del sostegno allo sviluppo dell’acquacoltura nella stessa zona, essendo infatti condizioni legate allo sviluppo di qualsiasi settore economico in questi paesi.

Per quanto riguarda, invece, le strategie per promuovere le piccole imprese in Africa, la priorità principale, come già stato in precedenza affermato, è che la promozione delle piccole imprese sia fondata sui criteri del decentramento amministrativo e approcci partecipativi con spinta dal basso. L’identificazione, l’elaborazione e l’applicazione delle misure di cooperazione devono scaturire dalle piccole imprese locali. Inoltre, perché le iniziative raggiungano un successo sufficiente, è necessario che anche i donatori ne siano parte, e allo stesso tempo promuovano un approccio partecipativo.

Questa idea è connessa ai principi fondamentali della cooperazione internazionale. Il fatto che le imprese nascano in seguito a dei processi di aggregazione spontanei è la principale garanzia sul “principio di appropriazione” da parte delle popolazioni locali nei confronti delle iniziative di cooperazione. La strategia di cooperazione non dovrebbe essere imposta alle imprese locali da organizzazioni esterne, ma dovrebbe essere invece radicata nello stesso sistema di piccole imprese africane.

Le strategie di cooperazione dovrebbero migliorare le risorse locali e promuovere l’attitudine alla competizione.

Sono diversi i criteri che devono essere implementati o anche in alcuni casi creati per dare vita alle piccole imprese in Africa. Di seguito vengono riportati quelli che si ritengono essere i principali.

Innanzitutto fondamentale è, come già stato specificato in precedenza, il miglioramento delle informazioni statistiche territoriali: precise informazioni statistiche sul potenziale dei sistemi di aggregazione di piccole imprese in Africa Sub-Sahariana potrebbero migliorare la capacità delle istituzioni africane di identificare, valutare e selezionare i sistemi da applicare più appropriati.

In secondo luogo bisogna implementare i contratti internazionali; la conclusione di contratti di sviluppo a lungo termine fra istituzioni pubbliche e unità private decentrate e i partenariati territoriali con i paesi occidentali dovrebbero essere incoraggiati. La cooperazione decentrata può essere un fattore fondamentale per la promozione delle piccole imprese in Africa se il sistema economico prende in considerazione il ruolo giocato dagli scambi tecnici e culturali, e dagli accordi fra l’amministrazione centrale e quelle locali.

Ancora, non si può pensare allo sviluppo delle piccole imprese se non si acquisisce tecnologia. La specializzazione flessibile è ritenuta il fattore economico chiave per lanciare la produttività e la forza competitiva delle piccole imprese, infatti ci si aspetta che essa possa stimolare l’efficienza collettiva creando relazioni esterne e favorendo l’agglomerazione di unità produttive. La realizzazione di queste aspettative dipende tuttavia dalla creazione di nuovi mercati e legami fra le industrie specializzate e dagli incentivi all’importazione di tecnologie. In questo contesto il ruolo della cooperazione internazionale è fondamentale: i consorzi tecnologici locali e i centri sperimentali potrebbero ricevere assistenza tecnica e finanziaria da parte dei paesi donatori, in modo tale da distribuire sia i rischi che le innovazioni fra le piccole imprese locali. I donatori dovrebbero assistere le piccole imprese locali nell’adattamento delle tecnologie alle condizioni e alla domanda locale.

Altra questione cruciale, già accennata in precedenza, riguarda il sostegno dei meccanismi di autofinanziamento. La carenza di risorse finanziarie costituisce un serio problema ed è dovuta non solo ai costi elevati ma anche alla scarsa disponibilità di fondi. La promozione di sistemi di autofinanziamento africani e il rafforzamento dei canali formali e informali del credito, e degli istituti di garanzia, implica la necessità di stimolare la crescita delle istituzioni di raccolta del risparmio locale. Tale approccio costituirebbe un tentativo per la diffusione del credito e degli istituti finanziari che riducono al minimo i rischi di fallimento. E, rimanendo in ambito finanziario, sarebbe necessario riformulare gli strumenti finanziari degli organismi internazionali, perché siano differenziati e allocati in base ai differenti livelli di sviluppo dei singoli paesi, alla tipologia dell’intervento e alla dimensione delle imprese.

Per dare poi una maggiore forza alle singole aggregazioni, dovrebbero essere promossi programmi formativi; in Africa, infatti uno dei grandi problemi riguarda proprio il limitato apprendimento scolastico. Anche in questo caso un ruolo fondamentale è giocato dalla cooperazione internazionale: i donatori dovrebbero sostenere la creazione e l’espansione della formazione nelle organizzazioni delle piccole imprese, stimolando l’istruzione di esperti locali e fornendo i servizi connessi. Il commercio locale e le organizzazioni di commercianti dovrebbero beneficiare di assistenza nel miglioramento della qualità e nella standardizzazione dei prodotti. La creazione di piccole imprese potrebbe coinvolgere il settore dei servizi, quali ad esempio quelli relativi ai trasporti, al marketing e alla pubblicità.

In conclusione, nei paesi in via di sviluppo l’economia di mercato può avere successo solo in presenza di un ambiente economico, finanziario, politico, sociale e istituzionale orientato verso la fruizione dei benefici derivanti dall’investimento estero, quali il trasferimento di tecnologie, la creazione di occupazione e l’integrazione economica. I paesi africani dovrebbero riorientare i loro strumenti politici al fine di attrarre gli investimenti e riceverne i conseguenti benefici.

lunedì, febbraio 25, 2008

Quinta ed ultima parte del Video della COOPERAZIONE SPAGNOLA in GUINEA BISSAU

domenica, febbraio 24, 2008

Quarta parte del VIDEO della COOPERAZIONE SPAGNOLA in GUINEA BISSAU

Terza parte del VIDEO della COOPERAZIONE SPAGNOLA in GUINEA BISSAU

Seconda parte del VIDEO della COOPERAZIONE SPAGNOLA in GUINEA BISSAU

sabato, febbraio 23, 2008

LE PROPOSTE DI CABI

In un piano che comprende la continuazione delle riforme amministrative e delle forze armate, il primo ministro Martin N'Dafa Cabi ha presentato una serie di proposte per la pace e lo sviluppo in Guinea Bissau.

Nella riunione della commissione per il Consolidamento della Pace, che si è tenuta questa settimana presso la sede delle Nazioni Unite a New York, il primo ministro della Guinea Bissau, Martin N'Dafa Cabi ha presentato un piano strategico di stabilità politica e sviluppo del paese.
In vista delle elezioni parlamentari previste per la fine di questo anno, il Primo Ministro, ha chiesto il sostegno delle Nazioni Unite nell'organizzazione del processo elettorale. Martinho N'Dafa Cabi ha parlato anche della necessità che la comunità internazionale aiuti la Guinea Bissau nella lotta contro il traffico di droga e continui l'attuazione delle riforme della pubblica amministrazione e delle forze armate.

venerdì, febbraio 22, 2008

Governo chiede 5.1 M € per realizzare le legislative.

Le autorità della Guinea-Bissau hanno tenuto oggi una riunione con i rappresentanti della comunità internazionale presenti nel Paese per chiedere 5,1 milioni di euro per l'attuazione delle legislative previste per l'ultimo trimestre di quest 'anno.
"Il Ministero delle Finanze fa sapere che la situazione finanziaria del paese non è sano e richiede sacrificio", ha detto il Segretario di Stato del Tesoro della Guinea, Pedro Ucaim Lima.
"Il governo della Guinea-Bissau, non è in grado di finanziare le elezioni e necessita di un partner per lo sviluppo", ha sottolineato.
L'importo richiesto dalle autorità guineane sarà utilizzato per il pagamento dei debiti per le ultime elezioni.
La Commissione elettorale nazionale della Guinea-Bissau, ha detto alla fine dello scorso anno, che ha bisogno di 3,74 milioni di euro per pagare i debiti con i fornitori e i membri delle assemblee delle schede di voto passate e organizzare la futura legislazione.


Fonte articolo: diario digital
Fonte foto: imille.org

PESCA: UNA PREZIOSA RISORSA per LA GUINEA BISSAU e L'AFRICA INTERA

Tesi della Dottoressa ZANINI VALENTINA

PARTE 6

6.2 I sistemi di piccole imprese

Le piccole imprese rappresentano un settore sociale ed economico cruciale per un buon inserimento dell’Africa nell’economia mondiale. Un intervento volto a promuovere tale settore è uno dei modi migliori per creare occupazione e stimolare politiche di industrializzazione più equilibrate. La crescita delle piccole imprese può assicurare uno sviluppo allargato a molti individui e rendere più equa la distribuzione del reddito; essa contribuisce sia alla creazione di attività redditizie che alla riduzione della povertà. In questo senso, lo sviluppo di una strategia di promozione delle piccole imprese in Africa faciliterebbe l’integrazione africana nell’economia mondiale.

È necessario distinguere diverse categorie e modelli di crescita delle piccole imprese in Africa. La definizione generale delle piccole imprese africane include:

- le piccole imprese, che operano generalmente nel settore moderno e impiegano tra le 10 e le 50 persone;

- l’artigianato, collocato nel settore semiformale dell’economia con il coinvolgimento di 1-4 persone;

- le microimprese, generalmente attività a conduzione familiare o di una sola persona operanti nel settore informale.

Una precisazione importante è la distinzione fra un’economia aggregata di artigianato altamente specializzato (diffusa in molte regioni africane) e un sistema di piccole imprese. Nel primo caso le attività mirano alla sopravvivenza più che alla crescita: esse sono caratterizzate da scarso accesso al mercato, difficoltà di espansione, contratti instabili e poco remunerativi con i principali clienti, mancanza di esperienza in marketing e finanza, fondi inadeguati e ridotto merito di credito, scarsa possibilità di accesso a servizi per le imprese.

Recentemente, una nuova imprenditorialità è emersa in un numero crescente di paesi africani che si sono impegnati nel campo delle riforme economiche. Alla metà degli anni Novanta quasi tutti i paesi africani hanno adottato programmi di aggiustamento strutturale. Come in altri continenti, anche in Africa le politiche di aggiustamento strutturale hanno stimolato la nascita delle piccole imprese. Ciò è stato possibile grazie a un progressivo processo di liberalizzazione economica, privatizzazione e chiusura di grandi imprese pubbliche che si rivelavano inefficienti. Il restringimento del settore pubblico ha consentito la riallocazione di risorse a favore di quello privato. Negli anni Ottanta il settore informale aveva riscontrato una forte espansione, servendo da ammortizzatore sociale e assicurando la sussistenza a larghe fasce della popolazione. Con la caduta della domanda interna e la liberalizzazione delle importazioni sono nate varie imprese piccole ma competitive: le rigorose misure economiche sembrano rafforzare la capacità competitiva delle piccole imprese africane.

L’Africa deve quindi cercare di sfruttare le condizioni odierne e stimolare un ambiente favorevole al successo delle piccole imprese. In Ghana, piccole imprese competitive (operanti ad esempio nella manutenzione delle automobili) forniscono merci e servizi di alta qualità e sono dotate di sufficienti conoscenze tecniche. Esse avevano rafforzato la loro competitività anche prima dell’applicazione del Programma di risanamento economico del 1983.

Le piccole imprese possono contribuire moltissimo all’opera di risanamento dell’economia. Sebbene il loro numero sia ancora limitato, esistono vari casi di successo. È necessario quindi aumentare la dinamica delle piccole imprese africane in modo da renderle atte a partecipare ai flussi di commercio internazionale, trasferimento di tecnologie e allocazione internazionale di flussi finanziari.

La valutazione del settore privato compiuta dalla Banca mondiale su alcuni paesi africani ha evidenziato come l’ammontare di produzione realizzata su piccola scala costituisca una grande fetta dell’esportazione. In Costa d’Avorio, il settore delle piccole imprese produce quasi il doppio delle grandi imprese, mentre il 43% delle piccole imprese esaminate in Nigeria ha raddoppiato le loro dimensioni nel corso degli ultimi anni. In Madagascar, si è identificato una nuova classe di dinamici imprenditori caratterizzati dall’orientamento all’esportazione.

Le piccole imprese stanno crescendo rapidamente e spesso in settori non tradizionali, operando a livelli di più alta utilizzazione degli impianti e dei fattori lavoro. Alcuni analisti hanno osservato il carattere flessibile delle piccole imprese africane. Le nuove piccole imprese sono infatti specializzate in alcuni prodotti particolari del settore dei beni intermedi e riescono a trarre un vantaggio comparato dalle loro ridotte dimensioni. L’aggregazione delle piccole imprese avviene non solo in settori tradizionali quali la falegnameria, la manifattura tessile o l’industria agraria, ma anche nella costruzione meccanica e nella metallurgia. In Ghana, ad esempio, il settore della semplice costruzione meccanica è cresciuto molto grazie alla forte domanda di attrezzi agricoli, ed è stato ulteriormente stimolato dalla domanda delle grandi imprese locali alla ricerca di pezzi meccanici e automobilistici. Al contrario, in Sudan l’arretratezza agricola nell’applicazione di tecnologie e il basso potere d’acquisto dei piccoli proprietari non permettono il decollo delle piccole imprese manifatturiere.

Lo sviluppo delle piccole imprese interagisce con l’andamento dei settori arretrati, quelli trainanti e la disponibilità del mercato. Dimensioni di mercato ridotte spingono le piccole imprese a usare macchine semplici e disponibili a livello locale: nel fare ciò esse si precludono un’alta specializzazione tecnica. Le piccole imprese divengono più competitive e specializzate dove il mercato è più largo e segmentato.

Alcuni casi di potenziale evoluzione dei sistemi di piccole imprese sono stati individuati in paesi africani a diverso livello di sviluppo e con differenti regimi commerciali. Fra i casi più noti in Africa Sub-sahariana: il Burkina Faso, il Ghana, il Kenya, il Sudan, la Tanzania e lo Zimbabwe.

Alcune regioni sono rinomate per alcuni settori specifici e industrie specializzate, come nel caso delle piccole imprese che hanno una lunga tradizione ed esperienza locale nelle attività artigianali e di auto-occupazione.

Si ritiene importante la crescita della aggregazioni di piccole imprese in Africa, perché essa può consentire cooperazione e quindi notevole sostegno reciproco tra gli addetti.

Suame, la “baraccopoli industriale di Kumasi”, è nota in Ghana per il suo sistema di aggregazione di piccole imprese. A Suame le attività sono principalmente concentrate nell’edilizia, riparazione dei veicoli, lavori in ferro e costruzione meccanica, con circa 40.000 artigiani che lavorano in circa 5.000 officine e botteghe. Ma esistono anche notate nei sistemi di aggregazione delle piccole unità manifatturiere urbane di Nyala, in Sudan; piccoli laboratori di falegnameria sono stati invece osservati in varie città in Kenya, Tanzania e Zimbabwe, mentre Ouagadougou, in Burkina Faso, si caratterizza per il suo settore informale. In tutti questi casi, la diversificazione orizzontale nel processo di produzione e la specializzazione tra imprese sono ancora al livello iniziale. Servizi specializzati sono forniti solo da poche unità individuali alle altre unità in aggregazione.

Ma purtroppo la maggior parte dei sistemi di aggregazione in Africa sono caratterizzati dalla mancanza di cooperazione fra le imprese. Nondimeno, il sistema di aggregazione di Suame a Kumasi mostra chiaramente segni di stretta cooperazione fra le piccole imprese sia a livello verticale che orizzontale. Tuttavia, non esiste alcuna prova attestante la cooperazione delle piccole imprese nella rete di produzione e innovazione, probabilmente a causa del basso livello di divisione tecnica del lavoro.

Considerando i casi esaminati, l’aggregazione delle piccole imprese appare ancora scarsa in Africa Sub-sahariana. Ogni impresa sembra preferire la competizione alla cooperazione con altre imprese, nonostante esse abbiano una comune esperienza lavorativa. In tali condizioni, i benefici della cooperazione sono quindi fruiti solo in alcune circostanze particolari.

In termini generali, la mancanza di coesione e di reti sociali locali è considerata una causa primaria nel fallimento delle piccole imprese in Africa.

In effetti, la cooperazione consiste solo in un semplice scambio di informazioni o, alcune volte, in un prestito di utensili. In queste imprese non esistono associazioni di lavoratori quali compagnie, società o cooperative. La formazione di una struttura di rete di piccole imprese sarebbe molto utile in quanto consentirebbe ai coltivatori e agli artigiani di migliorare la loro economia su più ampia scala. In Africa, la forma di cooperazione più semplice consiste nella creazione di gruppi di piccole imprese per l’acquisto di materie prime a un costo inferiore.

Accordi di subappalto fra grandi e piccole imprese sono praticati, ma non implicano alcun processo di apprendimento tecnico. Molti imprenditori non sono ancora attivi nella specializzazione produttiva e preferiscono invece distribuire le loro risorse finanziarie fra varie attività in modo da ridurre i rischi economici.

In Africa, generalmente, le aggregazioni nascono spontaneamente. Nella maggior parte dei casi le piccole imprese non cooperano molto fra loro e mancano di reti sociali. I loro vantaggi comparati consistono principalmente nel basso costo del lavoro e nella sua flessibilità. Ciò corrisponde all’esistenza di uno stadio iniziale di sviluppo.

Una strategia efficace per la promozione dell’aggregazione delle piccole imprese in Africa si deve pertanto fondare sull’esperienza esistente, ma bisogna tener conto dei fattori che ostacolano la collaborazione fra gli imprenditori africani.

Il primo ostacolo consiste nella fragilità istituzionale di molti paesi africani. I processi di pacificazione e di apertura democratica sono ancora estremamente deboli. Stabilità, sviluppo e sicurezza devono ancora essere saldamente raggiunti prima che i sistemi di piccole imprese possano essere sviluppati.

Il secondo ostacolo consiste nel fatto che le disposizioni legali e regolamentari non consentono la flessibilità necessaria al funzionamento delle piccole imprese. I costi di transazione e i rischi sono alti come nei vecchi sistemi di stampo socialista; ciò è aggravato dalle leggi sui diritti di proprietà e dal lento e inaffidabile operare del sistema giudiziario. La normativa sul lavoro risulta un tema particolarmente delicato per il contesto locale africano: essa tende ad aumentare il costo del lavoro, specialmente nelle piccole imprese e, allo stesso tempo, non rappresenta un’effettiva protezione dei diritti del lavoratore e della sua sicurezza legale. Le politiche fiscali sono spesso rigide, ma non condannano quasi mai le amministrazioni inefficienti. In tale contesto i sistemi di piccole imprese divengono frequentemente delle realtà nell’ambito dell’economia informale. Le politiche industriali sono spesso più orientate a favorire le grandi imprese e gli apparati pubblici che le piccole imprese.

Il terzo ostacolo è di ordine economico, in quanto nella maggior parte dei paesi africani le dimensioni ridotte dei mercati interni e l’arretratezza dei sistemi finanziari limitano l’espansione delle piccole imprese. A questo riguardo, i mercati esteri risultano importanti per la promozione di sistemi di piccole imprese nei paesi africani. L’applicazione di misure per la liberalizzazione degli scambi nei paesi ad alto reddito deve essere coordinata all’agenda internazionale multilaterale, perché possa effettivamente aumentare l’accesso a quei mercati per le imprese africane. Il rafforzamento delle preferenze speciali per i paesi meno avanzati è un piano d’azione in tal senso. Un’altra azione politica molto importante sarebbe la creazione di nuovi mercati subregionali.. Inoltre, i prodotti delle piccole imprese sono limitati alla distribuzione sui mercati locali; l’allargamento di questi mercati potrebbe essere ottenuto mediante una maggiore flessibilità e specializzazione. Questi fattori, insieme alla creazione di legami reciproci a monte e a valle fra i diversi settori, rappresentano un sentiero verso lo sviluppo dei sistemi di aggregazione di piccole imprese.

Il quarto ostacolo consiste nel basso livello di intermediazione finanziaria, con la conseguente necessità di applicare politiche monetarie appropriate e istituire banche locali. Nonostante questi sforzi, le piccole imprese non hanno accesso a risorse finanziarie, specialmente ai meccanismi di finanziamento a medio e lungo termine.



Fonte: “Promoting small size enterprises in Sub-Saharian Africa. A proposal for action. Cespi, 1998.

Fonte: “ Global economic prospect and the developing countries” . World Bank.

Fonte: “ Sub- Saharian Africa. A long term perspective study.” World Bank, 1989.

Fonte: “Promoting small size enterprises in Sub-Saharian Africa. A proposal for action”. Cespi, 1998.

giovedì, febbraio 21, 2008

PARTE di VIDEO SUI FINANZIAMENTI della COOPERAZIONE SPAGNOLA
in favore della GUINEA BISSAU

Belle immagini del Paese ed interessanti documenti video storici

LA DIOCESI di ACERENZA INAUGURA SCUOLA IN GUINEA BISSAU, a BAMBADINCA

E’ partita questa mattina la missione della diocesi di Acerenza alla volta della Guinea Bissau e particolarmente del villaggio di Bambadinca, guidata dall’arcivescovo Giovanni Ricchiuti. Uno dei motivi del viaggio, spiega il presule al Sir – è quello dell’inaugurazione di una scuola, con circa trecento ragazzi, ad un sacerdote, originario della diocesi lucana, padre Antonio Grillo, che ha operato in quel villaggio per oltre venti anni. Padre Grillo, 84 anni, farà parte della delegazione. La diocesi, ci dice il presule, consegnerà, in occasione di questo atto di gemellaggio con la diocesi di Bafatà, nella Guinea Bissau, aiuti in denaro, medicine ed altre cose utili ai progetti in corso per una migliore vivibilità di questa popolazione. Gli aiuti sono il frutto di alcune raccolte promosse dalla diocesi ma anche del contributo di alcuni comuni, per un totale di 20mila euro. “E’ un vento – afferma mons. Ricchiuti – che ci fa crescere in un orizzonte missionario che ci aiuta nella carità fraterna, una piccola goccia nell’oceano delle necessità del continente africano”. La delegazione – della quale fanno parte anche alcuni rappresentanti di due comuni della diocesi – farà ritorno ad Acerenza il prossimo 27 febbraio.

Fonte: AGENZIA SIR

mercoledì, febbraio 20, 2008

Kumba Ialá e il Prs

La Corte suprema di giustizia (STJ) della Guinea-Bissau, ha confermato l'ex Presidente Kumba Ialá come leader eletto nel congresso del Partito del Rinnovamento Sociale (PRS), terminando una controversia che ha diviso i vari leader del partito.
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, in data 15 febbraio a cui l'agenzia Lusa ha avuto accesso ieri, i giudici della STJ hanno confermato la legittimità del Terzo Congresso del PRS e l'elezione di Kumba Ialá per la carica di presidente di questa forza politica.
I giudici della STJ hanno respinto le accuse fatte da un gruppo di dirigenti del PRS, che ha chiesto al tribunale di annullare l'elezione del Kumba Ialá con il pretesto di vizi nella forma dello scrutinio. Analizzando tutti i dati e gli argomenti, i consiglieri del STJ hanno deciso di confermare la decisione della sentenza pubblicata in agosto, che già aveva dato ragione a Kumba Ialá.

Di Kumba Ialá e del suo ritorno, avevamo parlato nel dicembre scorso...ecco il link del post
http://namitipenabula.blogspot.com/2007/12/kumba-ial-alla-carica.html

martedì, febbraio 19, 2008

PESCA: UNA PREZIOSA RISORSA per LA GUINEA BISSAU e L'AFRICA

Tesi della Dottoressa ZANINI VALENTINA

PARTE 5

6.1 L’acquacoltura

Secondo il rapporto della Fao “Lo Stato dell’Acquacoltura mondiale 2006”, circa metà dei pesci che si consumano a livello mondiale provengono da allevamenti ittici piuttosto che dal mare aperto.

Nel 1980 solo il 9% del pesce consumato proveniva dall’acquacoltura, mentre oggi la percentuale è salita al 43%, secondo il rapporto. Questo corrisponde a 45,5 milioni di tonnellate di pesce che viene consumato ogni anno, per un valore di 63 miliardi di dollari. Al momento il pescato complessivo, sia di mare che d’acqua dolce, ammonta a circa 95 milioni di tonnellate all’anno, di cui 60 milioni sono destinate al consumo umano.

A livello mondiale la domanda di pesce da parte dei consumatori continua a crescere, specialmente nei paesi ricchi e sviluppati, che nel 2004 hanno importato 33 milioni di tonnellate di pesce per un valore di oltre 61 miliardi di dollari, cioè l’81% del totale delle importazioni di pesce in termini di valore.
Ma i livelli di cattura in mare aperto sono invece rimasti stabili sin dalla metà degli anni ’80 e si aggirano intorno a 90-93 milioni di tonnellate l’anno. E secondo la FAO vi sono scarse possibilità di aumenti significativi di questi livelli. Le stime più recenti sugli stock ittici non d’allevamento, come già affermato in precedenza, indicano che su circa 600 specie monitorate dalla FAO, il 52 % è risultato sfruttato al massimo delle sua capacità, mentre il 25% è sovrasfruttato, (di cui il 17% è sfruttato in eccesso, il 7% è esaurito e l’1% in fase di ripresa da una situazione di totale impoverimento). Il 20% è moderatamente sfruttato, solo il 3% sotto-sfruttato.


Il Dipartimento Pesca della Fao afferma che le catture in mare aperto sono ancora abbondanti, anche se si sono stabilizzate, probabilmente per sempre. Questa stabilizzazione, insieme al fatto che la popolazione mondiale è in continua crescita, ed è di conseguenza in aumento la domanda pro-capite di pesce, anticipa grosse difficoltà future.

Il rapporto della FAO stima che per il 2030, solo per mantenere l’attuale livello di consumo, saranno necessari ulteriori 40 milioni di tonnellate di pesce. L'unico modo per soddisfare questa domanda futura è far ricorso agli allevamenti ittici.

Ma è necessario chiedersi se l’acquacoltura sarà in grado di produrre abbastanza per assolvere questo compito. Secondo il rapporto della FAO l’acquacoltura potrebbe riempire il gap esistente tra offerta e domanda, ma ci sono molti elementi che potrebbero invece spingere la produzione nella direzione opposta, e rendere difficile per l’industria ittica di crescere abbastanza da soddisfare la domanda futura.

La pesca d’allevamento dalla metà degli anni ’80 ad oggi ha registrato un vero e proprio boom, con un tasso di crescita pari all’8 % annuo. Oggi continua ad espandersi in quasi tutte le parti del mondo.

La FAO è preoccupata che questo momento di espansione potrebbe affievolirsi se i governi e le agenzie dello sviluppo non saranno in grado di adattare le loro politiche per rispondere alle nuove emergenze che rischiano di compromettere la futura crescita del settore. Uno dei problemi è la mancanza d’investimenti per i produttori dei paesi in via di sviluppo. Altri sono la scarsità di terra e di corsi d’acqua dolce da destinare all’acquacoltura, l’aumento del costo dell’energia, l’impatto sull’ambiente, la sicurezza igienica - sanitaria dei prodotti, tutte questioni che continuano a richiedere attenzione.

È necessario prendere provvedimenti al riguardo perché l’acquacoltura rappresenta una fonte di cibo ricca di proteine, di acidi grassi essenziali, di vitamine e di minerali. Offre inoltre grandi opportunità di sviluppo fornendo occupazione, migliorando i redditi e la resa delle risorse naturali. È necessario far sì che il settore continui ad espandersi, in modo sostenibile, per fornire alle popolazioni cibo e reddito, in particolare in zone come l’Africa Sub-Sahariana ed in Asia dove più diffuse sono fame e povertà.

6.1.1. L’acquacoltura in Africa

Gran parte dell’espansione dell’acquacoltura si è verificata nei paesi in via di sviluppo, in particolar modo in Cina e in tutti i paesi del Sud-Est Asiatico.

In Africa, invece, e in particolar modo in quella Sub-Sahariana permane una produzione minore con solo lo 0.15% del prodotto globale

Le ragioni sono diverse. L’acquacoltura non è “indigena” in Africa, infatti è stata introdotta durante il periodo coloniale come un’aggiunta alla pesca sportiva. Quando è stato introdotto l’allevamento di trote in Sud Africa dal 1850 e in Kenya dagli anni ’20 il pesce era destinato alla pesca sportiva, solo dagli anni ’50 si è iniziato a pensare all’acquacoltura come possibile fonte di alimentazione. Se confrontata con l’Asia, la tradizione d’allevamento in questa zona dell’Africa è molto recente, il nutrimento dei pesci e il controllo delle acque non sono stati parte della tradizione legata alla coltivazione. Inoltre i prerequisiti per lo sviluppo dell’acquacoltura erano spesso ignorati: non solo essa richiede che siano presenti determinate condizioni tecniche e biologiche, ma anche che possa essere attuabile a livello finanziario.

Lo sviluppo del mercato si è avuto dopo il successo dell’acquacoltura egiziana, prevalente rivolta all’allevamento di sardine, e soltanto quando questa ha iniziato ad avere importanza a livello internazionale, si è capito che l’allevamento ittico poteva essere profittevole in tutta l’Africa.

Negli anni ’70 la sua espansione nell’Africa Sub-Sahariana è stata guidata da donatori internazionali che si sono focalizzati sulla sua utilità come possibilità di ridurre la povertà, ma molti sono stati i problemi legati agli impedimenti per il suo sviluppo. Di 54 progetti solo meno di 10 sono stati realizzati e la principale causa è stata dovuta alla mancanza di profitto, questo perché molto spesso non è stata rivolta l’attenzione necessaria alle condizioni di mercato. Un esempio è la coltura della tilapia in Senegal, fallita a causa della competizione con la pesca costiera, in quanto la pesca d’allevamento, non essendo stata particolarmente apprezzata, non è riuscita a reggere il confronto con la pesca marina. In Zambia, invece, il successo dei progetti è stato legato al gran numero di pesci prodotti: lo scopo era di produrne quanti più possibile a prescindere dai costi

Altro esempio di progetto portato a termine con successo riguarda l’allevamento di alghe in Tanzania, oggi circa 7000 famiglie ricevono un milione di dollari in pagamenti diretti e questa è una regione in cui i redditi medi annuali sono di circa 100 dollari. La maggior parte degli allevatori sono donne per le quali questa attività è l’unica fonte di reddito. Grazie a questa la Tanzania ha maggiori possibilità di accesso al cibo, ma non solo: offre grandi opportunità anche al settore commerciale e quindi agli scambi con l’estero, che rendono possibile lo scambio di alghe con altri prodotti alimentari.

Anche in Madagascar la rapida espansione dell’acquacoltura è avvenuta per il settore commerciale, gli allevamenti sono stati privatizzati e hanno attratto investimenti stranieri, il tasso di crescita del prodotto nel periodo tra il 1992 e il 2001 è stato del 19%, più alto della media globale.

La grande importanza legata all’espansione di questo settore è la possibilità di creare occupazione per gli allevatori aumentando quindi la possibilità di reddito e quindi di accesso al cibo. E questo è il motivo principale per credere nell’acquacoltura come mezzo per ridurre la povertà in Africa. Ma lo sviluppo dell’acquacoltura può ripercuotersi anche sull’importanza del continente stesso nel quadro internazionale della filiera ittica: se gli allevamenti producono grandi quantità di risorse, i paesi possono puntare su queste per aumentare le loro esportazioni e migliorare la loro presenza nel quadro globale.

6.1.2 Cambiamenti necessari per lo sviluppo

Ci sono buone speranze per una continua espansione di questo settore, in particolare per quanto riguarda l’allevamento di tilapia, pesce gatto e carpa. Secondo uno studio della Fao, incorporando risorse di acqua e di terra, circa la metà del territorio dell’Africa continentale ha notevoli potenzialità per l’allevamento di queste tre specie. In particolar modo il più grande potenziale è legato alle esportazioni.

Ma perché tutto questo avvenga sono necessari notevoli investimenti.

Le indagini indicano che gli imprenditori sono riluttanti ad investire in Africa a causa dell’instabilità dei governi, delle loro decisioni di regolamentazione arbitrarie e della loro corruzione. Ci sono poi altri fattori importanti come l’accesso al capitale e gli alti costi dei finanziamenti, ma i problemi istituzionali pesano maggiormente sulle motivazioni. La difficoltà maggiore riguarda la scarsa possibilità di controllare gli investimenti, a cui si aggiungono la limitata trasparenza all’interno dei processi di ottenimento delle licenze e la notevole incertezza dei diritti di proprietà.

Per esempio, le operazioni in Zimbabwe sono limitate a causa delle avverse politiche microeconomiche, in aggiunta infatti agli alti tassi di inflazione e di interesse nominale gli allevatori hanno a che fare con politiche di tassi di cambio che compromettono le loro capacità di coprire i costi operativi.

Un altro ostacolo che limita gli investimenti privati è legato alla disponibilità e al costo del credito. L’acquacoltura è spesso un industria nuova e poco conosciuta a potenziali investitori e creditori, che sono incerti sulle prospettive nel lungo termine. Questo porta a limitate politiche di credito, a cui si aggiunge la debolezza del diritti di proprietà. Quest’ultima non solo riduce gli incentivi all’investimento, ma non permette agli allevatori di chiedere prestiti, anche a causa di tassi di interesse molto alti.

Per aumentare l’accessibilità al credito esistono alcune opzioni politiche; una di queste è dimostrare ai banchieri l’attuabilità degli allevamenti commerciali a livello finanziario. Per dimostrare la profittabilità dell’acquacoltura l’intenzione è di creare consapevolezza del settore e incoraggiare i prestiti. Coinvolgere le banche è l’inizio di un processo che può migliorare la situazione. Una politica complementare è creare dei business plans accurati sui loro meriti tecnici, questo può rassicurare sulle certezze future legate agli allevamenti, anche perché coinvolge direttamente i produttori.

Laddove l’acquacoltura commerciale si scontri con alti rischi e incertezze comunque esistono delle politiche a suo sostegno che sono state utilizzate in Asia e in America Latina. Una di queste è incoraggiare gli investimenti stranieri, che però richiede garanzie su profitti e capitali, politiche stabili e più aperte agli investimenti diretti esteri.

L’America Latina è l’esempio della possibilità concreta di attuare queste politiche di apertura. In Costa Rica, per esempio, l’attrazione di capitali esteri è avvenuta grazie ad una politica di esenzione dalle tasse per chi investe dall’esterno.

Come già detto l’acquacoltura è cresciuta a livello esponenziale negli ultimi decenni e in Africa ha delle notevoli potenzialità. Diventa quindi fondamentale in una zona tra le più povere al mondo incoraggiare l’espansione di questo settore e per farlo bisogna attrarre investimenti esteri. L’acquacoltura commerciale ha la potenzialità di aumentare la disponibilità di cibo e attraverso gli impieghi che genera aumentare la accessibilità al cibo stesso.

Un recente studio sulla situazione dell’acquacoltura africana ha indicato un certo numero di iniziative che sono importanti per avanzare lo sviluppo del settore. Tra queste la principale prevede l’aumento della partecipazione dell’iniziativa privata. Essa dovrebbe focalizzarsi sui mercati più vantaggiosi, essere responsabile di tutti gli input di produzione quali le esche, l’alimentazione, la tecnologia ecc. e contribuire alle funzioni di ricerca e informazione. Fondamentale è focalizzare l’attenzione sulle zone con alto potenziale, perché hanno maggiori possibilità di fornire risultati migliori sia in termini di produzione sia di funzionamento. Dovrebbero poi essere le autorità a fornire un ambiente favorevole allo sviluppo di queste zone.

A questo proposito sarebbe necessario ridefinire il ruolo dei governi: ad oggi controllano gli investimenti nel settore, si ritiene invece che dovrebbero preferibilmente sostenere la ricerca, fornire informazioni e controllo di qualità adeguato. Per questo, sarebbe opportuno che l’iniziativa privata avesse sempre più importanza all’interno del settore, ma in generale anche in tutta l’economia africana.

Soltanto con associazioni di produttori, cooperative, piccole imprese di addetti alla trasformazione il settore può essere gestito in maniera più adeguata e ottenere la crescita che merita.

È necessario l’aumento delle responsabilità e dell’importanza delle organizzazioni stesse: le associazioni o piccole cooperative di produttori devono occuparsi dei metodi di sviluppo per il controllo e la valutazione. Ma l’associazionismo è fondamentale a tutti i livelli della catena, perché, come è già stato annunciato, la coordinazione orizzontale non può che creare giovamento all’intera catena dei beni.

Per essere in armonia con le strategie di sviluppo nazionale è necessaria la presenza di informazioni corrette sul settore. Le politiche di sviluppo devono essere estremamente flessibili, aperte al cambiamento, favorevoli all’apertura e al miglioramento, adatte alla creazione di coordinazione orizzontale e verticale nella catena dei beni. Tali strategie sono state trascurate in alcuni paesi, ma è importante che siano in armonia con i piani di sviluppo nazionali. In alcuni paesi può essere necessario un gruppo di esperti stranieri per sostenere lo sviluppo. Questo significa che la spinta al cambiamento può essere data dall’esterno, dall’aiuto dei paesi sviluppati, in cui le politiche sono più aperte e le metodologie produttive più evolute.

Tutto questo significa creare dei cambiamenti e quindi dei possibili squilibri, per esempio agli assetti sociali o alla struttura produttiva, ma il cambiamento è necessario. E se avviene non può che portare giovamento.

Concludendo, dunque, non c'è dubbio che il continente africano offra opportunità ampie per lo sviluppo dell’acquacoltura. Essendoci oggi una maggiore apertura generale verso le società democratiche e una lotta continua contro la corruzione dei governi, i prospetti per lo sviluppo del settore sembrano più luminosi rispetto al passato e si ha la speranza che possano aumentare maggiormente in futuro. Questo per garantire la sostenibilità delle risorse ittiche che tanto preoccupa oggi a livello internazionale e per contribuire a ridurre la povertà in Africa.



Fonte: “African Water Resource Database”, Fao.

Fonte: N. Hishamunda, N.B. Ridler , “Farming Fish for profits: a small step towards food security in Sub-Saharian Africa”. Food Policy, 2006.

Fonte: Gibbon, “Upgrading Primary Production: A Global Commodity Chain Approach”. World Development, 2001.

Fonte: N. Hishamunda, N.B. Ridler , “Farming Fish for profits: a small step towards food security in Sub-Saharian Africa”. Food Policy, 2006.

Fonte: “The state of Food Insecurity in the World”. Fao, 2003.