venerdì, febbraio 29, 2008

PESCA: UNA PREZIOSA RISORSA PER LA GUINEA BISSAU E L'AFRICA INTERA

Tesi della Dottoressa ZANINI VALENTINA

Parte 8

6.4 L’applicazione delle strategie nel settore della pesca

Un aumento dell’importanza dell’Africa Sub-Sahariana nel quadro internazionale della filiera ittica non si può ottenere se non attraverso lo sviluppo delle imprese. Il settore, infatti, ha garantito lo sviluppo delle esportazioni in quelle zone in cui sono state create imprese in grado di sottoporre alla lavorazione, anche limitata, il pescato fresco. Basti pensare al Lago Vittoria. In quel caso sono le multinazionali a controllare le imprese: sono gli africani che pescano, ma chi dirige le imprese di trasformazione e gestisce il commercio internazionale, sono dirigenti di multinazionali straniere. Principalmente si tratta di grandi gruppi asiatici ed europei, e, per quanto riguarda l’Europa, i principali importatori sono Olanda e Belgio.

Un’opportunità per lo sviluppo dei paesi dell’Africa è dunque legata alla presenza di multinazionali straniere, che gestiscano la prima trasformazione del pescato e il commercio internazionale. Le imprese, infatti, non si occupano direttamente della produzione ittica, lasciata ai piccoli pescatori africani, ma soltanto della sua prima lavorazione, per poi importare il prodotto in Asia o Europa. Questo è ciò che accade nella regione dei Grandi laghi.

Sulle acque costiere, invece, come si è potuto notare nell’analisi del settore ittico in Guinea Bissau, nella grande maggioranza dei casi le catture dei piccoli pescatori nazionali non fanno altro che servire al loro sostentamento, mentre la pesca industriale è praticata da grandi imbarcazioni straniere, che hanno al loro interno tutte le attrezzature necessarie per la pesca e per il primo trattamento del pescato. Le fasi successive della lavorazione sono poi svolte nei territori nazionali. Esse, dunque, non fanno altro che sfruttare le acque continentali africane, pagando ai governi un corrispettivo in denaro per ottenere il diritto alla licenza di pesca.

L’obiettivo di questo studio è presentare un’altra possibilità per lo sviluppo del settore ittico in Africa: la creazione di piccole e medie imprese del settore, affinché la pesca possa essere considerata come un’opportunità di sviluppo per l’Africa e prima di tutto garantire il sostentamento degli africani stessi.

Se infatti si creano piccole imprese, si garantisce occupazione e quindi maggiori redditi. Gli accordi che sono stati attuati fino ad ora con i paesi stranieri non hanno garantito il sostentamento agli attori della filiera. I piccoli pescatori a stento riescono a sopravvivere e la catena dei prodotti ittici in Africa è praticamente inesistente, perché le imprese di trasformazione sono pochissime e anche quelle poche non vengono sfruttate come si potrebbe. Sulle imprese di trasformazione, infatti, si potrebbe puntare per aumentare l’esportazione, perché se i sistemi di pesca fossero migliorati, e le politiche di governo sostenessero maggiormente la pesca nazionale invece che quella straniera, il commercio potrebbe basarsi non solo sul pescato ma anche sui prodotti semilavorati.

Il grosso problema, infatti, come è già stato sottolineato in precedenza, è che i governi dovrebbero puntare maggiormente sulle loro forze, e quindi promuovere lo sviluppo interno, non lasciarsi semplicemente “abbagliare” dagli ingenti quantitativi di denaro che vengono pagati dalle imbarcazioni straniere.

Quello della pesca è dunque un settore ricco di potenzialità e non può che migliorare.

Lo sviluppo delle piccole imprese non è sicuramente facile da attuare, e i governi da soli non possono promuoverlo, ma con l’aiuto della cooperazione internazionale si ritiene che questo possa essere fattibile.

Oggi, a questo proposito, sono presenti dei progetti che sono rivolti al miglioramento e allo sviluppo del settore ittico in Africa.

Un primo esempio è fornito dal sito della Comunità Europea, in cui si può trovare una proposta sulla quale si è discusso nell’assemblea della Commissione per lo sviluppo, tenutasi a Bruxelles lo scorso giugno, intitolata “Coerenza politica per lo sviluppo e gli effetti della politica della pesca dell'Unione europea sullo sviluppo della pesca in Africa occidentale”, in cui è stato presentato uno studio da parte di un Professore di diritto economico internazionale all'Università di Edimburgo (Regno Unito) e di una consulente indipendente (Oceans and Environment International, Londra).

Ancora, diversi sono i progetti portati avanti dalla cooperazione internazionale, in particolar modo promossi e attuati da Organizzazioni non governative.

Sul sito di “Mani Tese”, si trovano tutte le delucidazioni del “Progetto per il miglioramento della pesca artigianale e per la costruzione di un punto d'accesso all'acqua potabile nel villaggio di Gativè”, in Benin e di quello per la Guinea Bissau “Ottenimento della sicurezza alimentare attraverso il rafforzamento della pesca artigianale”. Quest’ultimo viene descritto come progetto della durata di 3 anni, che si propone di contribuire al miglioramento della sicurezza alimentare delle famiglie dei pescatori artigianali del rio Cacine, mediante: il rafforzamento delle capacità produttive, grazie alla formazione degli addetti ed alla fornitura di equipaggiamento idoneo, il potenziamento delle fasi di trasformazione, conservazione e commercializzazione del pescato, la creazione di una più stretta collaborazione con il Ministero della Pesca. Si inizia con un'attività di alfabetizzazione dei beneficiari per sei mesi e il Ministero della Pesca è coinvolto nella fornitura degli insegnanti per i corsi ed in periodici incontri con l'Unione dei pescatori del rio Cacine. Beneficiari diretti sono 706 persone dei 9 villaggi interessati, così suddivise: 180 pescatori, 51 aiutanti e 475 donne, impiegate nella trasformazione del pescato e responsabili della commercializzazione. Beneficiari indiretti sono i circa 8.000 abitanti dei 9 villaggi inseriti nel progetto.

Un altro esempio di progetto con finalità simili alle precedenti si può trovare sul sito della Fondazione “Aiutiamoli a vivere”, che prevede che si insegni ad utilizzare strumenti più efficaci e più avanzati per pescare in Congo perché si ritiene che il settore della pesca possa essere un’importante opportunità per lo sviluppo del paese.

Il punto di partenza è che venga promossa una strategia di sviluppo locale basata sull’iniziativa di attori locali quali imprenditori, sindacati, Organizzazioni non governative e amministrazioni locali. Solo chi fa parte del settore, infatti, può conoscere le necessità dello stesso.

Lo studio dei miglioramenti deve partire dalla situazione presente e sulla base di questa devono essere create delle strategie per attuare delle iniziative concrete. Per questo fondamentali diventano gli studi sul settore, senza delle statistiche precise non si sa da dove partire e, di conseguenza, dove si può arrivare. Tutte queste condizioni dovrebbero riuscire a indurre gli attori locali a fare affidamento principalmente sulle proprie forze, a elaborare una strategia di sviluppo incentrata sul loro effettivo potenziale e a considerare l’aiuto governativo come un mezzo e non un fine a se stesso.

Trattandosi di un approccio più che di uno strumento pratico, l’idea di accordi per creare associazioni territoriali, può essere applicata ad aree che hanno raggiunto differenti stadi di sviluppo.

Nelle aree più povere, dove non esistono piccole imprese, potrebbero essere le Organizzazioni non governative a promuovere l’aggregazione fra i diversi soggetti: potrebbero fornire assistenza tecnica o di altra natura, nella creazione e realizzazione di progetti legati a tale scopo. Essi dovrebbero essere integrati in una strategia di sviluppo locale, non dovrebbero essere orientati dalle politiche governative, ma partire dalle esigenze degli individui, delle associazioni e amministrazioni locali. Il loro obiettivo non dovrebbe essere solo la crescita dell’economia locale, ma anche il rafforzamento della coesione sociale e dei legami fra i diversi gruppi.

Nelle aree che hanno raggiunto un livello più alto di sviluppo, si può pensare subito ad un maggior coinvolgimento degli imprenditori e dell’amministrazione locale, i progetti possono essere più complessi, ma anche più interessanti per gli investimenti privati internazionali.

Ma questa idea può applicarsi a differenti stadi di sviluppo, il che non significa tuttavia che essa possa applicarsi a qualsiasi contesto. Infatti, come è già stato annunciato in precedenza, il soddisfacimento di alcune condizioni è essenziale. Dovrebbe esserci un minimo di stabilità politica e una scarsa conflittualità fra i diversi gruppi sociali o etnici. Inoltre, è importante che l’amministrazione pubblica venga decentrata in modo da rendere le amministrazioni locali competenti per promuovere e applicare i progetti. Una discreta gestione degli affari pubblici deve esistere sia a livello nazionale che locale. Infine, i Paesi in via di sviluppo interessati devono partire da un certo livello di iniziativa privata e un consistente settore informale, l’intervento statale deve essere limitato e garantire solo politiche che favoriscano lo sviluppo dei progetti.

In questo modo lo sviluppo diviene un processo endogeno, spontaneo e spinto dal basso. E questa sarebbe anche un’ottima soluzione nel limitare l’intervento dei governi, che come sappiamo, molto spesso non agiscono con le migliori intenzioni, si lasciano corrompere e pensano maggiormente ai guadagni immediati piuttosto che all’ottica futura.

Ma come è già stato ripetuto più volte il grande problema pratico relativo alla mancanza o alle difficoltà delle piccole imprese in Africa riguarda l’aspetto finanziario. In molti paesi africani l’assenza assoluta di intermediazione finanziaria e la mancanza di capitale sufficiente ostacolano la crescita del settore privato. Ciò va a vantaggio del finanziamento informale o dei sistemi produttivi poco efficienti e che non creano occupazione.

La situazione delle piccole imprese in Africa non è caratterizzata solo da carenza di capitale, ma anche dall’inefficienza delle istituzioni finanziarie e in particolare di quelle mirate al sostegno delle piccole imprese.

In questo contesto, il ruolo giocato dalle banche commerciali o dagli intermediari finanziari sostenuti dalla cooperazione internazionale appare inadeguato ad assicurare uno sviluppo imprenditoriale sufficientemente diffuso. Ciò deriva dall’incapacità strutturale a costruire relazioni radicate nel territorio produttivo.

Per questo è necessario che si creino delle vere e proprie politiche creditizie, che permettano lo sviluppo delle imprese sulla base delle necessità presenti sul territorio. In questo senso, andrebbero privilegiati i settori che possono dare maggiori opportunità ai paesi. Ecco quindi come fondamentale diventa l’interesse verso il settore della pesca, che, come più volte affermato, può ottenere una notevole importanza nelle economie nazionali dei paesi dell’Africa.

Ogni azione relativa alle politiche del credito nei paesi africani dovrebbe stimolare la costruzione dei sistemi produttivi delle piccole imprese.

Nel contesto africano è possibile sviluppare una capacità relazionale fra gli imprenditori, migliorare la quantità e qualità delle relazioni sia interne che esterne con il mercato, e favorire la diffusione di tecnologie moderne che accrescano la produzione e la competitività mediante una serie di regole e stimoli.

Per quanto riguarda l’acquisizione delle conoscenze tecniche adeguate, nel settore ittico queste riguardano principalmente i metodi di pesca, gli strumenti utilizzati per la cattura e quelli utili alla lavorazione. Finora il trasferimento di innovazioni e di tecnologie moderne ai paesi africani non ha avuto alcun successo, anzi in alcuni casi la dipendenza tecnologica dalle importazioni è addirittura aumentata, così come è successo in altri settori economici. E infatti questo è dimostrato dal fatto che sono le grandi imbarcazioni straniere quelle che pescano nelle acque africane con attrezzature tecnologicamente elevate, mentre i pescatori africani pescano su piccole canoe scavate in tronchi d’albero. Anche qui il ruolo della cooperazione internazionale è fondamentale: a partire dalle Organizzazioni non governative, si dovrebbero impartire nuove conoscenze e informazioni più adeguate agli addetti al settore. Quello che fino ad ora è mancato è il trasferimento di conoscenza dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, infatti molti progetti in Africa sono falliti perché non si è tenuto conto del contesto in cui dovevano essere attuati. È per questo che è fondamentale uno sviluppo che parta dal basso, da quelle che sono le esigenze degli addetti al settore: il miglioramento può avvenire solo attraverso la partecipazione attiva in tutti i passaggi della catena.

Tutte le analisi statistiche sull’imprenditorialità e la competitività dimostrano che le nuove imprese competitive scaturiscono soprattutto da attività artigianali, dall’iniziativa di emigranti/immigranti e da commercianti. La conoscenza tecnologica è l’elemento chiave a fondamento dello sviluppo e della crescita. Anche in questo caso un aiuto da parte della cooperazione internazionale per le imprese che potrebbero svilupparsi nel settore della pesca è fondamentale: conoscenze tecniche più adeguate su metodi di pesca, barche, sistemi ti trasformazione e lavorazione dei prodotti ittici non possono che essere utili allo sviluppo del settore.

Ma la dipendenza dall’assistenza esterna ha in qualche modo in passato limitato le possibilità di apprendimento delle comunità africane, per questo sarebbe necessario aiutare i paesi a sviluppare tecniche al loro interno, formarli e poi sostenerli nell’attuazione, senza prendere il loro posto. Il sostegno è infatti fondamentale, ma in generale, per tutti i settori economici, ciò che di meglio si può fare è formare uomini e donne, insegnare loro dottrine e tecnologie.

La formazione professionale e la diffusione di tecnologie dovrebbero mirare a trasferire le conoscenze tecniche agli individui. Raggiungere questo obiettivo è molto difficile, in quanto il know-how richiede delle conoscenze specifiche trasferibili solo nel contesto della produttività. Comunque, gli emigranti africani residenti in paesi industrializzati e a diretto contatto con i processi produttivi più avanzati possono costituire dei punti di riferimento strategico per lo sviluppo dei loro paesi di origine. Gli Stati che li accolgono dovrebbero quindi stimolare gli immigranti africani a promuovere le nuove imprese nei loro paesi.

Inoltre, le conoscenze tecniche possono anche essere trasmesse mediante un rafforzamento dei legami fra le piccole imprese stesse. Numerose esperienze dimostrano che le attività di diffusione stimolano le organizzazioni a migliorare e condurre i processi di cambiamento in maniera indipendente. Ecco dunque l’importanza dell’associazionismo: il fatto che siano gli attori che si trovano allo stesso livello della catena a cercare soluzioni per i problemi che coinvolgono tutti fa capire come sia importante la coordinazione orizzontale all’interno della catena stessa.

In conclusione, si ritiene che sia difficile che le piccole imprese nel settore ittico si sviluppino senza difficoltà e senza l’aiuto esterno. Ci vorranno notevoli passi e grandi sforzi, da parte dei governi, degli attori della filiera e della cooperazione internazionale, perché come è stato sottolineato saranno necessari notevoli investimenti finanziari che possono provenire soltanto da paesi donatori, ma sicuramente questo, se attuato, può portare a notevoli miglioramenti nel settore stesso e quindi nella posizione dei paesi dell’Africa nel quadro della filiera ittica. Se, infatti, si creassero piccole imprese di produttori e addetti alla trasformazione, i paesi africani avrebbero sicurezza alimentare e maggiori redditi assicurati da una parte, e maggiori possibilità per la loro presenza nel quadro internazionale della filiera ittica dall’altra. Si potrebbe puntare, quindi, sulla prima lavorazione dei prodotti ittici all’interno dei paesi stessi, prima di essere esportati.

Se dunque, in passato, il settore ittico non è stato particolarmente preso in considerazione dalle politiche nazionali e internazionali come punto di partenza per sostenere lo sviluppo dell’economia africana e la possibilità di alleviare la povertà in una delle aree più povere del modo, oggi, dalle proposte analizzate e dalle possibilità prese in considerazione, si può pensare che questo debba essere maggiormente analizzato e studiato, perché può garantire migliori condizioni di vita, minore povertà, maggiore occupazione e quindi tentare di alleviare la povertà di questi paesi.