venerdì, febbraio 22, 2008

PESCA: UNA PREZIOSA RISORSA per LA GUINEA BISSAU e L'AFRICA INTERA

Tesi della Dottoressa ZANINI VALENTINA

PARTE 6

6.2 I sistemi di piccole imprese

Le piccole imprese rappresentano un settore sociale ed economico cruciale per un buon inserimento dell’Africa nell’economia mondiale. Un intervento volto a promuovere tale settore è uno dei modi migliori per creare occupazione e stimolare politiche di industrializzazione più equilibrate. La crescita delle piccole imprese può assicurare uno sviluppo allargato a molti individui e rendere più equa la distribuzione del reddito; essa contribuisce sia alla creazione di attività redditizie che alla riduzione della povertà. In questo senso, lo sviluppo di una strategia di promozione delle piccole imprese in Africa faciliterebbe l’integrazione africana nell’economia mondiale.

È necessario distinguere diverse categorie e modelli di crescita delle piccole imprese in Africa. La definizione generale delle piccole imprese africane include:

- le piccole imprese, che operano generalmente nel settore moderno e impiegano tra le 10 e le 50 persone;

- l’artigianato, collocato nel settore semiformale dell’economia con il coinvolgimento di 1-4 persone;

- le microimprese, generalmente attività a conduzione familiare o di una sola persona operanti nel settore informale.

Una precisazione importante è la distinzione fra un’economia aggregata di artigianato altamente specializzato (diffusa in molte regioni africane) e un sistema di piccole imprese. Nel primo caso le attività mirano alla sopravvivenza più che alla crescita: esse sono caratterizzate da scarso accesso al mercato, difficoltà di espansione, contratti instabili e poco remunerativi con i principali clienti, mancanza di esperienza in marketing e finanza, fondi inadeguati e ridotto merito di credito, scarsa possibilità di accesso a servizi per le imprese.

Recentemente, una nuova imprenditorialità è emersa in un numero crescente di paesi africani che si sono impegnati nel campo delle riforme economiche. Alla metà degli anni Novanta quasi tutti i paesi africani hanno adottato programmi di aggiustamento strutturale. Come in altri continenti, anche in Africa le politiche di aggiustamento strutturale hanno stimolato la nascita delle piccole imprese. Ciò è stato possibile grazie a un progressivo processo di liberalizzazione economica, privatizzazione e chiusura di grandi imprese pubbliche che si rivelavano inefficienti. Il restringimento del settore pubblico ha consentito la riallocazione di risorse a favore di quello privato. Negli anni Ottanta il settore informale aveva riscontrato una forte espansione, servendo da ammortizzatore sociale e assicurando la sussistenza a larghe fasce della popolazione. Con la caduta della domanda interna e la liberalizzazione delle importazioni sono nate varie imprese piccole ma competitive: le rigorose misure economiche sembrano rafforzare la capacità competitiva delle piccole imprese africane.

L’Africa deve quindi cercare di sfruttare le condizioni odierne e stimolare un ambiente favorevole al successo delle piccole imprese. In Ghana, piccole imprese competitive (operanti ad esempio nella manutenzione delle automobili) forniscono merci e servizi di alta qualità e sono dotate di sufficienti conoscenze tecniche. Esse avevano rafforzato la loro competitività anche prima dell’applicazione del Programma di risanamento economico del 1983.

Le piccole imprese possono contribuire moltissimo all’opera di risanamento dell’economia. Sebbene il loro numero sia ancora limitato, esistono vari casi di successo. È necessario quindi aumentare la dinamica delle piccole imprese africane in modo da renderle atte a partecipare ai flussi di commercio internazionale, trasferimento di tecnologie e allocazione internazionale di flussi finanziari.

La valutazione del settore privato compiuta dalla Banca mondiale su alcuni paesi africani ha evidenziato come l’ammontare di produzione realizzata su piccola scala costituisca una grande fetta dell’esportazione. In Costa d’Avorio, il settore delle piccole imprese produce quasi il doppio delle grandi imprese, mentre il 43% delle piccole imprese esaminate in Nigeria ha raddoppiato le loro dimensioni nel corso degli ultimi anni. In Madagascar, si è identificato una nuova classe di dinamici imprenditori caratterizzati dall’orientamento all’esportazione.

Le piccole imprese stanno crescendo rapidamente e spesso in settori non tradizionali, operando a livelli di più alta utilizzazione degli impianti e dei fattori lavoro. Alcuni analisti hanno osservato il carattere flessibile delle piccole imprese africane. Le nuove piccole imprese sono infatti specializzate in alcuni prodotti particolari del settore dei beni intermedi e riescono a trarre un vantaggio comparato dalle loro ridotte dimensioni. L’aggregazione delle piccole imprese avviene non solo in settori tradizionali quali la falegnameria, la manifattura tessile o l’industria agraria, ma anche nella costruzione meccanica e nella metallurgia. In Ghana, ad esempio, il settore della semplice costruzione meccanica è cresciuto molto grazie alla forte domanda di attrezzi agricoli, ed è stato ulteriormente stimolato dalla domanda delle grandi imprese locali alla ricerca di pezzi meccanici e automobilistici. Al contrario, in Sudan l’arretratezza agricola nell’applicazione di tecnologie e il basso potere d’acquisto dei piccoli proprietari non permettono il decollo delle piccole imprese manifatturiere.

Lo sviluppo delle piccole imprese interagisce con l’andamento dei settori arretrati, quelli trainanti e la disponibilità del mercato. Dimensioni di mercato ridotte spingono le piccole imprese a usare macchine semplici e disponibili a livello locale: nel fare ciò esse si precludono un’alta specializzazione tecnica. Le piccole imprese divengono più competitive e specializzate dove il mercato è più largo e segmentato.

Alcuni casi di potenziale evoluzione dei sistemi di piccole imprese sono stati individuati in paesi africani a diverso livello di sviluppo e con differenti regimi commerciali. Fra i casi più noti in Africa Sub-sahariana: il Burkina Faso, il Ghana, il Kenya, il Sudan, la Tanzania e lo Zimbabwe.

Alcune regioni sono rinomate per alcuni settori specifici e industrie specializzate, come nel caso delle piccole imprese che hanno una lunga tradizione ed esperienza locale nelle attività artigianali e di auto-occupazione.

Si ritiene importante la crescita della aggregazioni di piccole imprese in Africa, perché essa può consentire cooperazione e quindi notevole sostegno reciproco tra gli addetti.

Suame, la “baraccopoli industriale di Kumasi”, è nota in Ghana per il suo sistema di aggregazione di piccole imprese. A Suame le attività sono principalmente concentrate nell’edilizia, riparazione dei veicoli, lavori in ferro e costruzione meccanica, con circa 40.000 artigiani che lavorano in circa 5.000 officine e botteghe. Ma esistono anche notate nei sistemi di aggregazione delle piccole unità manifatturiere urbane di Nyala, in Sudan; piccoli laboratori di falegnameria sono stati invece osservati in varie città in Kenya, Tanzania e Zimbabwe, mentre Ouagadougou, in Burkina Faso, si caratterizza per il suo settore informale. In tutti questi casi, la diversificazione orizzontale nel processo di produzione e la specializzazione tra imprese sono ancora al livello iniziale. Servizi specializzati sono forniti solo da poche unità individuali alle altre unità in aggregazione.

Ma purtroppo la maggior parte dei sistemi di aggregazione in Africa sono caratterizzati dalla mancanza di cooperazione fra le imprese. Nondimeno, il sistema di aggregazione di Suame a Kumasi mostra chiaramente segni di stretta cooperazione fra le piccole imprese sia a livello verticale che orizzontale. Tuttavia, non esiste alcuna prova attestante la cooperazione delle piccole imprese nella rete di produzione e innovazione, probabilmente a causa del basso livello di divisione tecnica del lavoro.

Considerando i casi esaminati, l’aggregazione delle piccole imprese appare ancora scarsa in Africa Sub-sahariana. Ogni impresa sembra preferire la competizione alla cooperazione con altre imprese, nonostante esse abbiano una comune esperienza lavorativa. In tali condizioni, i benefici della cooperazione sono quindi fruiti solo in alcune circostanze particolari.

In termini generali, la mancanza di coesione e di reti sociali locali è considerata una causa primaria nel fallimento delle piccole imprese in Africa.

In effetti, la cooperazione consiste solo in un semplice scambio di informazioni o, alcune volte, in un prestito di utensili. In queste imprese non esistono associazioni di lavoratori quali compagnie, società o cooperative. La formazione di una struttura di rete di piccole imprese sarebbe molto utile in quanto consentirebbe ai coltivatori e agli artigiani di migliorare la loro economia su più ampia scala. In Africa, la forma di cooperazione più semplice consiste nella creazione di gruppi di piccole imprese per l’acquisto di materie prime a un costo inferiore.

Accordi di subappalto fra grandi e piccole imprese sono praticati, ma non implicano alcun processo di apprendimento tecnico. Molti imprenditori non sono ancora attivi nella specializzazione produttiva e preferiscono invece distribuire le loro risorse finanziarie fra varie attività in modo da ridurre i rischi economici.

In Africa, generalmente, le aggregazioni nascono spontaneamente. Nella maggior parte dei casi le piccole imprese non cooperano molto fra loro e mancano di reti sociali. I loro vantaggi comparati consistono principalmente nel basso costo del lavoro e nella sua flessibilità. Ciò corrisponde all’esistenza di uno stadio iniziale di sviluppo.

Una strategia efficace per la promozione dell’aggregazione delle piccole imprese in Africa si deve pertanto fondare sull’esperienza esistente, ma bisogna tener conto dei fattori che ostacolano la collaborazione fra gli imprenditori africani.

Il primo ostacolo consiste nella fragilità istituzionale di molti paesi africani. I processi di pacificazione e di apertura democratica sono ancora estremamente deboli. Stabilità, sviluppo e sicurezza devono ancora essere saldamente raggiunti prima che i sistemi di piccole imprese possano essere sviluppati.

Il secondo ostacolo consiste nel fatto che le disposizioni legali e regolamentari non consentono la flessibilità necessaria al funzionamento delle piccole imprese. I costi di transazione e i rischi sono alti come nei vecchi sistemi di stampo socialista; ciò è aggravato dalle leggi sui diritti di proprietà e dal lento e inaffidabile operare del sistema giudiziario. La normativa sul lavoro risulta un tema particolarmente delicato per il contesto locale africano: essa tende ad aumentare il costo del lavoro, specialmente nelle piccole imprese e, allo stesso tempo, non rappresenta un’effettiva protezione dei diritti del lavoratore e della sua sicurezza legale. Le politiche fiscali sono spesso rigide, ma non condannano quasi mai le amministrazioni inefficienti. In tale contesto i sistemi di piccole imprese divengono frequentemente delle realtà nell’ambito dell’economia informale. Le politiche industriali sono spesso più orientate a favorire le grandi imprese e gli apparati pubblici che le piccole imprese.

Il terzo ostacolo è di ordine economico, in quanto nella maggior parte dei paesi africani le dimensioni ridotte dei mercati interni e l’arretratezza dei sistemi finanziari limitano l’espansione delle piccole imprese. A questo riguardo, i mercati esteri risultano importanti per la promozione di sistemi di piccole imprese nei paesi africani. L’applicazione di misure per la liberalizzazione degli scambi nei paesi ad alto reddito deve essere coordinata all’agenda internazionale multilaterale, perché possa effettivamente aumentare l’accesso a quei mercati per le imprese africane. Il rafforzamento delle preferenze speciali per i paesi meno avanzati è un piano d’azione in tal senso. Un’altra azione politica molto importante sarebbe la creazione di nuovi mercati subregionali.. Inoltre, i prodotti delle piccole imprese sono limitati alla distribuzione sui mercati locali; l’allargamento di questi mercati potrebbe essere ottenuto mediante una maggiore flessibilità e specializzazione. Questi fattori, insieme alla creazione di legami reciproci a monte e a valle fra i diversi settori, rappresentano un sentiero verso lo sviluppo dei sistemi di aggregazione di piccole imprese.

Il quarto ostacolo consiste nel basso livello di intermediazione finanziaria, con la conseguente necessità di applicare politiche monetarie appropriate e istituire banche locali. Nonostante questi sforzi, le piccole imprese non hanno accesso a risorse finanziarie, specialmente ai meccanismi di finanziamento a medio e lungo termine.



Fonte: “Promoting small size enterprises in Sub-Saharian Africa. A proposal for action. Cespi, 1998.

Fonte: “ Global economic prospect and the developing countries” . World Bank.

Fonte: “ Sub- Saharian Africa. A long term perspective study.” World Bank, 1989.

Fonte: “Promoting small size enterprises in Sub-Saharian Africa. A proposal for action”. Cespi, 1998.