GUINEA BISSAU TURISTICA...UN ARTICOLO DELLA RIVISTA "AQVA" DAI TONI INTERESSANTI.
Bijagos, l’arcipelago degli ippopotami
Le 88 isole si trovano al largo della Guinea-Bissau, uno dei Paesi più poveri al mondo. Piccoli villaggi, qualche lodge, 27mila abitanti che vivono soprattutto di pesca, scarsi turisti, ambiente intatto: un’oasi di tranquillità in un stato percorso da molte tensioni
BISSAU (Guinea-Bissau) – La capitale di questo piccolo stato africano che si chiama Guinea-Bissau per distinguerla dalla ben più grande e confinante Guinea-Conakri, è un’arbitraria città europea nell’Africa subsahariana, affascinante anche se decrepita: architettura coloniale e rovine, causate dalla guerra civile della fine degli Anni Novanta che si sono aggiunte a quelle della cacciata dei portoghesi,36 anni fa. Le persone vivono tra edifici rovinati color pastello e baracche di lamiera;il palazzo presidenziale,bombardato durante la guerra civile,non è stato mai riparato, alberi di papaia crescono sopra le crepe delle abitazioni frantumate del centro,muffe ricoprono gli stucchi delle antiche case del porto, restano i muri sbrecciati dalle pallottole nella villa dove a marzo 2009 fu assassinato il presidente Bernardo Veira, dopo che alcuni giorni prima era saltato su una bomba uno dei suoi più fieri avversari. Nel luglio scorso ci sono state le elezioni presidenziali e la tensione sembra calata, ma cova – ci dicono – sotto la cenere come può logicamente accadere in un Paese tra i più poveri del mondo, dove la mortalità infantile è elevatissima e l’aspettativa di vita non supera i 40 anni. La gente appare però cordiale, con un fondo di melanconia:al di là della situazione reale che lo giustificherebbe, è anche un retaggio della dominazione portoghese, forse l’unico perché poco d’altro appare rimasto, a differenza di quel che accade della dominazione francese della vicina Guinea. Se arrivate da Dakar, scoprirete con sollievo che gli abitanti vi salutano al solo scopo di essere gentili e non per chiedervi una mancia,come succede in Senegal e in tanti altri luoghi dell’Africa che il turismo ha in qualche modo corrotto. Ci sono vivaci caffè dove si raccoglie l’élite del Paese,notti nere senza elettricità (da 19 anni), strade con profonde buche,ma ombreggiate da alberi di mango, discorsi sussurrati sui signori della droga che hanno fatto del Paese una importante e impunita base di partenza della cocaina verso l’Europa. Non c’è neanche una prigione, la polizia ha in dotazione tre radio e due auto,ma senza la benzina per farle partire.
Nei bar,di notte a lume di candela,si beve Vinho verde,si guarda il cielo pieno di stelle, si parla di questo stato “liquefatto”,di quello che è e di quello che potrebbe essere stato.Poi,alla fine,si finisce per raccontare di quell’angolo di tranquillità assoluta in un Paese difficile che è l’arcipelago Bijagos: 88 isole,di cui solo 23 abitate,due ore di barca (o sette di traghetto) dal porto di Bandim (...)
CONTINUA....
LEGGI TUTTO L'ARTICOLO SU:
http://www.aqva.com/it/rubriche/8-viaggiare/220-bijagos-larcipelago-degli-ippopotami.html
FONTE:www.aqva.com
Bijagos, l’arcipelago degli ippopotami
Le 88 isole si trovano al largo della Guinea-Bissau, uno dei Paesi più poveri al mondo. Piccoli villaggi, qualche lodge, 27mila abitanti che vivono soprattutto di pesca, scarsi turisti, ambiente intatto: un’oasi di tranquillità in un stato percorso da molte tensioni
BISSAU (Guinea-Bissau) – La capitale di questo piccolo stato africano che si chiama Guinea-Bissau per distinguerla dalla ben più grande e confinante Guinea-Conakri, è un’arbitraria città europea nell’Africa subsahariana, affascinante anche se decrepita: architettura coloniale e rovine, causate dalla guerra civile della fine degli Anni Novanta che si sono aggiunte a quelle della cacciata dei portoghesi,36 anni fa. Le persone vivono tra edifici rovinati color pastello e baracche di lamiera;il palazzo presidenziale,bombardato durante la guerra civile,non è stato mai riparato, alberi di papaia crescono sopra le crepe delle abitazioni frantumate del centro,muffe ricoprono gli stucchi delle antiche case del porto, restano i muri sbrecciati dalle pallottole nella villa dove a marzo 2009 fu assassinato il presidente Bernardo Veira, dopo che alcuni giorni prima era saltato su una bomba uno dei suoi più fieri avversari. Nel luglio scorso ci sono state le elezioni presidenziali e la tensione sembra calata, ma cova – ci dicono – sotto la cenere come può logicamente accadere in un Paese tra i più poveri del mondo, dove la mortalità infantile è elevatissima e l’aspettativa di vita non supera i 40 anni. La gente appare però cordiale, con un fondo di melanconia:al di là della situazione reale che lo giustificherebbe, è anche un retaggio della dominazione portoghese, forse l’unico perché poco d’altro appare rimasto, a differenza di quel che accade della dominazione francese della vicina Guinea. Se arrivate da Dakar, scoprirete con sollievo che gli abitanti vi salutano al solo scopo di essere gentili e non per chiedervi una mancia,come succede in Senegal e in tanti altri luoghi dell’Africa che il turismo ha in qualche modo corrotto. Ci sono vivaci caffè dove si raccoglie l’élite del Paese,notti nere senza elettricità (da 19 anni), strade con profonde buche,ma ombreggiate da alberi di mango, discorsi sussurrati sui signori della droga che hanno fatto del Paese una importante e impunita base di partenza della cocaina verso l’Europa. Non c’è neanche una prigione, la polizia ha in dotazione tre radio e due auto,ma senza la benzina per farle partire.
Nei bar,di notte a lume di candela,si beve Vinho verde,si guarda il cielo pieno di stelle, si parla di questo stato “liquefatto”,di quello che è e di quello che potrebbe essere stato.Poi,alla fine,si finisce per raccontare di quell’angolo di tranquillità assoluta in un Paese difficile che è l’arcipelago Bijagos: 88 isole,di cui solo 23 abitate,due ore di barca (o sette di traghetto) dal porto di Bandim (...)
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