lunedì, giugno 14, 2010

UN INTERO OSPEDALE DONATO DA BRESCIA ALLA GUINEA BISSAU.


IL REGALO. Una delegazione bresciana in missione in Africa per la cerimonia ufficiale di consegna alla Diocesi locale
La struttura, in grado di assicurare cure e interventi chirurgici, realizzata grazie all'impegno del Rotary Vittoria Alata, della Poliambulanza e di due Onlus


Un drappello di bresciani, coordinato dal cuore e sostenuto dalla generosità di tanti, ha costruito e donato alla Guinea Bissau (piccolo, poverissimo e tormentato Paese sulla costa atlatica del centro Africa) un ospedale attrezzato, cioè completo e in grado di assicurare cure e interventi chirurgici.
Nei giorni scorsi i massimi dirigenti delle organizzazioni che si sono caricate il peso dell'operazione (il Rotary Club Vittoria Alata, che in diversi anni di impegno ha raccolto e donato oltre 250 mila euro, la Onlus Poliambulanza Charitatis Opera e altre due organizzazioni non governative) sono volati nella capitale Bissau per partecipare all'inaugurazione delle opere e consegnarle definitivamente alla Diocesi e, suo tramite, alla gente.
La notizia, come tante che appartengono al filone della generosità e della solidarietà, potrebbe chiudersi qui. Ma l'Africa in questi giorni è al centro delle attenzioni dei media globali, grazie al campionato mondiale di calcio, il primo mondiale africano: in Sudafrica, la nazione lambita da tre oceani e adesso onorata dai tifosi di tutto il mondo, si celebrano nell'occasione sedici anni di libertà e di accettabile convivenza (è ancora problematico definirla «pacifica») tra bianchi e neri. Toccò a Nelson Mandela, che oggi è da tutti considerato «padre della patria», chiudere il passato e consegnare il Suo Paese alla storia nuova del mondo.
PURTROPPO PER L'AFRICA, benché il vento della libertà soffi sempre più forte, di Sudafrica c'è soltanto quello che oggi si confronta con il calcio mondiale. Tutto il resto vive di stenti, di colonizzazioni più o meno palesi, di guerre silenziose e nascoste, di violenze che si consumano anche dove è più evidente la natura umanitaria e amorevole degli aiuti portati. In Africa si muore per fame e sete, per malattie che da noi sarebbero curate con un semplice analgesico… Non solo: in Africa prevalgono ancora poteri che alla terra chiedono soltanto di partorire petrolio, pietre preziose, materie pregiate e pericolose (l'uranio, per esempio) e al popolo affamato promettono brioches invece di pane. La Guinea Bissau, in particolare, tanto piccola da entrare nelle cronache solo in occasioni di rivolte e di stravolgimenti politici violenti, non conosce ancora il vento della libertà e della democrazia. Vive con le briciole, perché nonostante la consistenza, tali restano gli aiuti umanitari, la carità dei missionari, le generosità di associazioni e organizzazioni internazionali.
IL PROGETTO portato a compimento dai bresciani riguarda l'ospedale pediatrico fondato da padre Ermanno Battisti, missionario del Pime di origine trentina.
Padre Ermanno aveva iniziato l'opera contando sul sostegno di tante «anime buone» e sulla convinzione che all'insufficienza degli aiuti avrebbe sicuramente posto rimedio la Provvidenza. Qualche anno fa bussò alla porta dei bresciani e la trovò spalancata. Proprio in un ospedale bresciano, alla Poliambulanza, due dei ragazzi che lui aveva spedito in Europa per laurearsi in medicina (200 inviati, 180 laureati prima di rientrare in patria) stavano lavorando: uno in chirurgia, l'altro in pediatria. Fu il dottor Augusto Barbosa, impegnato in chirurgia, a parlare del suo Paese e dei progetti di padre Ermanno al professor Giovanni Morandi, responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia generale, cuore generoso e solidale oltre che socio, più tardi anche presidente, del Rotary Vittoria Alata di Brescia. Morandi trovò immediata accoglienza e solidale partecipazione all'idea di aiutare quello sconosciuto missionario trentino impegnato in Guinea Bissau, dalla Poliambulanza e dal suo Rotary.
Da quel sodalizio è sgorgato il fiume di aiuti che nei giorni scorsi ha permesso ai bresciani di arrivare a Bissau e di consegnare al vescovo della Diocesi, proprietaria a tutti gli effetti della struttura, un ospedale perfettamente funzionante. Un ospedale che alle sale di degenza, agli ambulatori, ai laboratori di analisi aggiunge «un blocco operatorio e una radiologia che rendono la struttura protagonista di primo piano dell'offerta sanitaria a Bissau», come ha scritto il professor Morandi raccontando il progetto sulle pagine della rivista delle Ancelle della Carità.
Dal 28 maggio al 3 giugno tre soci del Rotary Club Vittoria Alata (con il presidente Roberto Rezzola, c'erano Giovanni Moranti - che è anche il chirurgo della Poliambulanza cui va il merito dell'operazione - e Alessandro Paglia), tre medici (Valentino Prandini, Augusto Barbosa e Elena Franceschetti), due infermiere caposala (Gabriella Bonometti e Piera Bonomi) e due tecnici (Adriano e Bruno) della Poliambulanza sono stati ambasciatori in Guinea Bissau della generosità dei bresciani.
Il primo giugno, nella più schietta tradizione africana, si è svolta la solenne e lunghissima cerimonia di inaugurazione e di consegna delle opere realizzate. In tutto cinque ore ininterrotte di discorsi, sorrisi, scambi di attestati, benemerenze e ricordi, insieme a canti e balli interminabili e suggestivi. Tutto questo alla presenza del vescovo della diocesi di Bissau e delle autorità arrivate in rappresentanza della presidenza, del Governo e del Municipio della capitale.
«PER NOI - hanno spiegato i rotariani di ritorno dalla mission - sono stati giorni in cui le emozioni hanno spesso rubato spazio alle ragioni. Ci siamo resi conto dei bisogni immensi di quella porzione d'Africa e della grandiosità dell'opera intrapresa e portata a termine. E' stata, per tutti, una grande e bella soddisfazione. Certo, molto resta da fare. Chissà…».
Laggiù, in un Paese tra i più disperati del mondo, da oggi c'è una pianta che promette buoni frutti. E' stata piantata da bresciani generosi e coraggiosi. Ora bisogna aiutarla a crescere. Soprattutto perché, come recita lo slogan dei campionati di calcio, adesso «c'è un po' d'Africa in tutti noi».

Scritto da: Luciano Costa

FONTE: www.bresciaoggi.it