Le ISOLE BIJAGOS, DOVE SONO LE DONNE A SCEGLIERE!
In pochi, per ora le conoscono. Ed è forse questo il segreto del loro fascino senza tempo, così distante dal nostro mondo. Sono le isole dell’arcipelago delle Bijagós, un piccolo paradiso al largo di uno degli stati più difficili, decadenti e nello stesso tempo affascinanti dell’Africa occidentale: la Guinea-Bissau.
I chilometri di spiagge deserte (solo 23 delle 88 isole sono abitate), le palme che le incorniciano e i rarissimi ippopotami d’acqua salata che le popolano sono solo parte della loro innegabile attrattiva. Tra le curiosità, il fatto di essere uno dei pochissimi matriarcati ancora esistenti al mondo, dove le donne scelgono per tradizione i propri compagni, senza che questi abbiano il diritto di dire la loro, come succede tutt’oggi nell’isola di Orango.
Le due ore di barca che separano quest’oasi naturale dalla decrepita, seppur accattivante capitale Bissau, sono in realtà un viaggio spazio-temporale verso un’altra dimensione. Dove i bambini si precipitano a pizzicare con stupore la pelle dei pochissimi turisti bianchi, sopraffatti dall’incredulità di chi si chiede se possa proprio essere vera.
A raccontarlo è Adam Nossiter, in un affascinante reportage apparso sul New York Times: rievoca le colonie di granchi “violinisti” bianchi, verdi e blu della minuscola e disabitata isola di Anguruma o le 96 specie di uccelli migratori che ogni anno scelgono questo piccolo paradiso per nidificare. Per non parlare delle 155 specie di pesci esistenti, delle antilopi a strisce, dei delfini, dei coccodrilli, delle cinque specie di tartarughe (sulle otto esistenti al mondo) che hanno fatto guadagnare all’arcipelago il titolo di Riserva Naturale Patrimonio dell’Umanità delle Nazioni Unite.
Diversamente da quanto ormai accade nelle altre destinazioni tropicali, diventate negli anni mete turistiche di massa, il contatto con gli indigeni qui è caratterizzato da un’aura di “purezza” e da una genuina, vicendevole, curiosità, libera da sensi di colpa e da più o meno marcate ostilità. Che le sistemazioni spazino dallo “spartano” al “semplice”, certo, aiuta. Come aiuta il fatto che le isole e i loro abitanti abbiano rifiutato ogni sorta di cambiamento per attrarre più visitatori. Anche perché, essendo estremamente difficili da raggiungere (sia con mezzi pubblici che privati), spesso non sono nemmeno considerate. Il che, se da un lato è sicuramente un peccato, dall’altro è stata fino ad oggi la loro più grande fortuna.
Fonte: www.blitzquotidiano.it
In pochi, per ora le conoscono. Ed è forse questo il segreto del loro fascino senza tempo, così distante dal nostro mondo. Sono le isole dell’arcipelago delle Bijagós, un piccolo paradiso al largo di uno degli stati più difficili, decadenti e nello stesso tempo affascinanti dell’Africa occidentale: la Guinea-Bissau.
I chilometri di spiagge deserte (solo 23 delle 88 isole sono abitate), le palme che le incorniciano e i rarissimi ippopotami d’acqua salata che le popolano sono solo parte della loro innegabile attrattiva. Tra le curiosità, il fatto di essere uno dei pochissimi matriarcati ancora esistenti al mondo, dove le donne scelgono per tradizione i propri compagni, senza che questi abbiano il diritto di dire la loro, come succede tutt’oggi nell’isola di Orango.
Le due ore di barca che separano quest’oasi naturale dalla decrepita, seppur accattivante capitale Bissau, sono in realtà un viaggio spazio-temporale verso un’altra dimensione. Dove i bambini si precipitano a pizzicare con stupore la pelle dei pochissimi turisti bianchi, sopraffatti dall’incredulità di chi si chiede se possa proprio essere vera.
A raccontarlo è Adam Nossiter, in un affascinante reportage apparso sul New York Times: rievoca le colonie di granchi “violinisti” bianchi, verdi e blu della minuscola e disabitata isola di Anguruma o le 96 specie di uccelli migratori che ogni anno scelgono questo piccolo paradiso per nidificare. Per non parlare delle 155 specie di pesci esistenti, delle antilopi a strisce, dei delfini, dei coccodrilli, delle cinque specie di tartarughe (sulle otto esistenti al mondo) che hanno fatto guadagnare all’arcipelago il titolo di Riserva Naturale Patrimonio dell’Umanità delle Nazioni Unite.
Diversamente da quanto ormai accade nelle altre destinazioni tropicali, diventate negli anni mete turistiche di massa, il contatto con gli indigeni qui è caratterizzato da un’aura di “purezza” e da una genuina, vicendevole, curiosità, libera da sensi di colpa e da più o meno marcate ostilità. Che le sistemazioni spazino dallo “spartano” al “semplice”, certo, aiuta. Come aiuta il fatto che le isole e i loro abitanti abbiano rifiutato ogni sorta di cambiamento per attrarre più visitatori. Anche perché, essendo estremamente difficili da raggiungere (sia con mezzi pubblici che privati), spesso non sono nemmeno considerate. Il che, se da un lato è sicuramente un peccato, dall’altro è stata fino ad oggi la loro più grande fortuna.
Fonte: www.blitzquotidiano.it
0 Comments:
Posta un commento
<< Home