LA GUINEA BISSAU E L'ITALIA
Vi avevamo annunciato nei mesi scorsi il nostro proposito di incontrare comunità di bissau guineensi presenti in Italia e approfondire la conoscenza di associazioni che operano per e nella Guinea Bissau. Ebbene, i primi incontri ci sono stati e quello che segue è una sorta di mini reportage, di testimonianza di ragazzi della Guinea Bissau residenti a Verona. Chiacchierate che affrontano diversi temi, dal semplice (?) concetto di immigrazione al ruolo dei mass media in Guinea Bissau e in Europa. Abbiamo anche avuto modo di incontrare realtà operanti nel territorio e altre ne incontreremo. Alcune le abbiamo già presentate (come la rete GB o Madrugada), ma ritorneremo a proporre le loro iniziative. Abbiamo già contatti con altre associazioni e persone legate alla Guinea Bissau ma ci piacerebbe ricevere un po’ di commenti e anche eventuali altre testimonianze. Intanto vi auguriamo buona lettura con la prima parte dello speciale “La Guinea Bissau e l’Italia”, che abbiamo deciso di dividere in più parti per favorirne la lettura e l’attenzione.
“Si pensa all’Europa come a una rosa. Solo dopo ci si accorge che trovi solo spine e devi fare molta fatica per evitarle”.
E’ una metafora, ma somiglia molto a un pugno nello stomaco. Soprattutto se a pronunciarla è un ragazzo bissau guineense, Ildo, attualmente residente a Verona, laureato in legge e uno degli esponenti del gruppo musicale Bumbulum (di cui speriamo prossimamente di potervi fornire delle immagini, video e clip audio).
Verona, una bella città, meta turistica ambita anche da un alto numero di immigrati, la maggior parte dei quali residenti nella zona denominata Veronetta: a primo acchito una città che più che mostrare una vera integrazione tra immigrati e residenti, manifesta uno “strano equilibrio”, dato appunto dall’aver creato in qualche modo una città all’interno della città. Verona ha comunque un rapporto privilegiato con la Guinea Bissau, dovuto anche alla figura di monsignor Settimio Ferrazzetta, vescovo di Bissau per oltre venti anni e originario di Verona, che ha avuto il merito di legare in un certo senso queste due realtà.
Una realtà come quella veronese che risulta essere spesso la prima meta italiana degli immigrati bissau guineensi, direttamente dalla Guinea o dopo una sosta in Portogallo. E’ questo il percorso di Ildo, che assieme a un gruppo di altri quattro amici, ha intenzione di fondare un’associazione che riunisca gli immigrati presenti in Italia, specialmente a Verona.
Ne discutiamo a casa di Alfredo, laureato in farmacia e prescelto per la carica di presidente della nascente associazione, che confermando la celebre ospitalità dei bissau guineensi, ci offre una cena “guineana”: riso impreziosito da spezie e carne.
Un’associazione con uno statuto già pronto, che ha solo bisogno di essere notificato. Per dimostrare che i guineensi non sono così indolenti come qualcuno dice. “Le critiche che ci vengono fatte sono dettate da pregiudizi” accusa Ildo, “in quanto non è vero che non facciamo nulla, sono idee sbagliate”. Meno rigido Alfredo, per il quale le critiche devono essere semplicemente “uno stimolo per noi” e da una parte sono addirittura giustificate: “Ci criticano perché non abbiamo dato risultati concreti al nostro impegno” sottolinea, “in quanto un gruppo di guineensi non è mai stato formalizzato, ma abbiamo sempre vissuto di incontri in qualche festa o manifestazione”.
C’è una volontà molto più forte di quanto dicano le critiche di fare qualcosa per la Guinea Bissau dall’Italia, perché da qui è possibile farlo con più facilità.
“Il nostro obiettivo è quello di mettere insieme le nostre conoscenze e fare qualcosa per la nostra terra da qui” spiegano entrambi, “cercando però di non essere il doppione di nessuna associazione”. Cosa intendono per doppione lo spiegano prontamente. “Se altre organizzazioni realizzano feste, vorrà dire che noi non ne faremo, aderiremo alla loro ma non i copieremo. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare, promuovere incontri, ma anche realizzare qualcosa di concreto”.
Niente feste e celebrazioni, o almeno non solo quello. Perché la cosa importante per chi arriva in un paese del quale sa poco o nulla, è conoscere un po’ di indirizzi, di contatti sicuri, del consolato ma anche del connazionale più vicino. Cose che non sempre è possibile conoscere dalla propria nazione. Cose che potremmo definire “pratiche” e che appunto per un forestiero solo possono rappresentare una priorità. Il pensiero è subito giunto a un episodio raccontatoci da un amico del Burkina Faso, in Italia da oltre sette anni, che all’arrivo nel nostro paese aveva difficoltà a telefonare a una cabina pubblica con la scheda telefonica appena acquistata (dalla quale bisogna togliere un triangolino per poterla poi inserire correttamente). La difficoltà fa presto in questi casi a diventare panico e il semplice aver visto un altro ragazzo africano gli permise di rasserenarsi, scambiare due chiacchiere e superare con facilità il problema.
Notizie pratiche e reali di quello che accade in un paese europeo (cose molto più importanti della semplice scheda telefonica) che non sempre è possibile reperire con facilità da casa propria. Questo accade anche perché quasi mai i racconti che giungono dall’Europa corrispondono alla verità.
CONTINUA…
Nella prossima parte, la testimonianza dei bissau guineensi ci permetterà di comprendere come non sempre il concetto dell’Europa per un africano sia aderente alla realtà…
“Si pensa all’Europa come a una rosa. Solo dopo ci si accorge che trovi solo spine e devi fare molta fatica per evitarle”.
E’ una metafora, ma somiglia molto a un pugno nello stomaco. Soprattutto se a pronunciarla è un ragazzo bissau guineense, Ildo, attualmente residente a Verona, laureato in legge e uno degli esponenti del gruppo musicale Bumbulum (di cui speriamo prossimamente di potervi fornire delle immagini, video e clip audio).
Verona, una bella città, meta turistica ambita anche da un alto numero di immigrati, la maggior parte dei quali residenti nella zona denominata Veronetta: a primo acchito una città che più che mostrare una vera integrazione tra immigrati e residenti, manifesta uno “strano equilibrio”, dato appunto dall’aver creato in qualche modo una città all’interno della città. Verona ha comunque un rapporto privilegiato con la Guinea Bissau, dovuto anche alla figura di monsignor Settimio Ferrazzetta, vescovo di Bissau per oltre venti anni e originario di Verona, che ha avuto il merito di legare in un certo senso queste due realtà.
Una realtà come quella veronese che risulta essere spesso la prima meta italiana degli immigrati bissau guineensi, direttamente dalla Guinea o dopo una sosta in Portogallo. E’ questo il percorso di Ildo, che assieme a un gruppo di altri quattro amici, ha intenzione di fondare un’associazione che riunisca gli immigrati presenti in Italia, specialmente a Verona.
Ne discutiamo a casa di Alfredo, laureato in farmacia e prescelto per la carica di presidente della nascente associazione, che confermando la celebre ospitalità dei bissau guineensi, ci offre una cena “guineana”: riso impreziosito da spezie e carne.
Un’associazione con uno statuto già pronto, che ha solo bisogno di essere notificato. Per dimostrare che i guineensi non sono così indolenti come qualcuno dice. “Le critiche che ci vengono fatte sono dettate da pregiudizi” accusa Ildo, “in quanto non è vero che non facciamo nulla, sono idee sbagliate”. Meno rigido Alfredo, per il quale le critiche devono essere semplicemente “uno stimolo per noi” e da una parte sono addirittura giustificate: “Ci criticano perché non abbiamo dato risultati concreti al nostro impegno” sottolinea, “in quanto un gruppo di guineensi non è mai stato formalizzato, ma abbiamo sempre vissuto di incontri in qualche festa o manifestazione”.
C’è una volontà molto più forte di quanto dicano le critiche di fare qualcosa per la Guinea Bissau dall’Italia, perché da qui è possibile farlo con più facilità.
“Il nostro obiettivo è quello di mettere insieme le nostre conoscenze e fare qualcosa per la nostra terra da qui” spiegano entrambi, “cercando però di non essere il doppione di nessuna associazione”. Cosa intendono per doppione lo spiegano prontamente. “Se altre organizzazioni realizzano feste, vorrà dire che noi non ne faremo, aderiremo alla loro ma non i copieremo. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare, promuovere incontri, ma anche realizzare qualcosa di concreto”.
Niente feste e celebrazioni, o almeno non solo quello. Perché la cosa importante per chi arriva in un paese del quale sa poco o nulla, è conoscere un po’ di indirizzi, di contatti sicuri, del consolato ma anche del connazionale più vicino. Cose che non sempre è possibile conoscere dalla propria nazione. Cose che potremmo definire “pratiche” e che appunto per un forestiero solo possono rappresentare una priorità. Il pensiero è subito giunto a un episodio raccontatoci da un amico del Burkina Faso, in Italia da oltre sette anni, che all’arrivo nel nostro paese aveva difficoltà a telefonare a una cabina pubblica con la scheda telefonica appena acquistata (dalla quale bisogna togliere un triangolino per poterla poi inserire correttamente). La difficoltà fa presto in questi casi a diventare panico e il semplice aver visto un altro ragazzo africano gli permise di rasserenarsi, scambiare due chiacchiere e superare con facilità il problema.
Notizie pratiche e reali di quello che accade in un paese europeo (cose molto più importanti della semplice scheda telefonica) che non sempre è possibile reperire con facilità da casa propria. Questo accade anche perché quasi mai i racconti che giungono dall’Europa corrispondono alla verità.
CONTINUA…
Nella prossima parte, la testimonianza dei bissau guineensi ci permetterà di comprendere come non sempre il concetto dell’Europa per un africano sia aderente alla realtà…
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