martedì, settembre 18, 2007

LA GUINEA BISSAU E L'ITALIA 2

Continua il nostro mini reportage...oggi parliamo del concetto di Europa e Occidente visto dall'Africa e dai migranti che tornano nel proprio paese...


Nella nostra esperienza in Guinea Bissau lo scorso anno abbiamo avuto modo di constatare una situazione molto frequente: alle nostre compagne di viaggio veniva chiesto spesso dai ragazzi residenti di sposarsi e tornare assieme in Italia. Non ce ne vogliano le ragazze, ma non era semplicemente il loro fascino ad attrarre e fomentare i desideri di quei giovani: c’era un desiderio di evadere, di allontanarsi da quella realtà per raggiungere finalmente l’ambito sogno dell’Occidente. Ricordiamo anche i nostri sforzi, piuttosto vani, di spiegare come la situazione da noi fosse certamente migliore di quella che stavano vivendo lì, ma non tale da poter diventare un obiettivo di vita. Eppure, questo diviene spesso, riprendendo le parole di Cleo, il nostro amico del Burkina Faso già citato in precedenza, un vero PROGETTO DI VITA…
In un libro del giornalista Gabriele Del Grande, un reportage sulle vittime dell’immigrazione clandestina, Mamadou va a morire (l'autore ha anche fondato l'ossrvatorio mediatico Fortress Europe
http://fortresseurope.blogspot.com), vengono raccontate le storie che sono dietro questo desiderio, questo progetto di vita e come viene spiegato bene nell’introduzione di Fulvio Vassallo Paleologo: “Dimenticare, rimuovere, rassegnarsi alla normalità delle tragedie dell’immigrazione descritte in questo libro, sarebbe come lasciare morire ancora una volta le persone vittime dell’immigrazione irregolare. Ancora peggio sarebbe ritenere, come pure qualcuno sembra fare, che queste tragiche storie possano avere un effetto pedagogico sui 'candidati' all’emigrazione clandestina”.
Perché non possono avere un effetto pedagogico? Ne abbiamo discusso con i nostri amici bissau guineensi e la prima accusa è stata rivolta ai mezzi di comunicazione: “I mass media provocano una situazione paradossale e inspiegabile” ammonisce Ildo. “Per il continente africano l’Europa è mostrata come un paradiso, mentre agli Europei si rappresenta l’Africa come un continente di povertà, malattie e dittature. Sono entrambe visioni distorte della realtà”.
Visioni distorte alle quali potrebbero opporsi i racconti degli immigrati in Europa che poi fanno ritorno nella propria terra natale. Ma è proprio in questo momento che si sviluppa un meccanismo comune e che evidentemente, se non lo si vive sulla propria pelle, è realmente difficile da comprendere: “Se torni nella tua terra e cerchi di spiegare che l’Europa non è il paradiso di cui tutti parlano sei etichettato come un egoista” spiegano i ragazzi e “peggio ancora se ci torni perché espulso da clandestino o rientrato perché non ce la fai più: in quel caso sei considerato semplicemente un Fallito”.
Una situazione acuita da tanti migranti di ritorno, che semmai con pochissimi soldi in tasca al rientro, decidono di noleggiare una macchina all’ultima frontiera per dimostrare a casa di aver raggiunto quell’ambito tenore di vita, quello che lo stesso Cleo ha definito il vero modello a cui si rifanno gli africani, il modello nero-bianco: “Non vedo il bianco come mio modello” spiega, “ma lo vedo in un africano che è cresciuto con me e che ora può permettersi una vita da bianco: quello diventa il nostro modello, perché vuol dire che lui ce l’ha fatta!”
Tra le altre problematiche, una distorta valutazione della realtà occidentale, influenza notevolmente anche il rapporto tra chi è immigrato e chi resta a casa. Si attendono i soldi di chi sta fuori (è inutile affidarsi a una visione “romantica” dell’immigrazione) senza in alcun modo considerare che dietro quelle centinaia di euro che vengono spedite a casa (a tal proposito ci ripromettiamo di indagare sulle sproporzionate percentuali dei tassi d’interesse delle rimesse), ci sono sudore e fatica di lavoratori.
Un’idea che purtroppo non è facile spiegare e che porta spesso a decidere di non ostinarsi a spiegare la realtà occidentale, lasciandola ai racconti degli immigrati che “ce l’hanno fatta”.
"Noi mandiamo i soldi a casa e loro continuano a chiedercene perchè non hanno la minima idea della situazione che viviamo qui" affermano quasi in un impeto di sfogo. "Ma tanto è inutile cercare di spiegarlo, non ti crederebbero".


Dunque, nessun metodo "pedagogico" sembra possiblie: ma quindi, per quelli che ce l'hanno davvero fatta in Europa, c'è o meno una possibilità di rientrare in patria e cercare di mettere al servizio della propria nazione le conoscenze acquisite? Ne abbiamo parlato con i nostri amici e le loro testimonianze le troverete nella terza parte del reportage...
CONTINUA...