lunedì, ottobre 16, 2006

In attesa che il buon demagistrisssss impari a pubblicare i post,e in attesa che qualcuno ci risponda,(per ora sono solo con marco,aiutatemi)...vi posto foto del coordinatore e articolo di una Gatteàu...a voi:

“”Dio ci ha preceduto, ha messo nel cuore di ogni uomo il Seme dello Spirito”.

Questa frase, detta da Don Josè Camnate, uomo d’immensa umanità e vescovo di Bissau, mi ha talmente colpito da accompagnarmi durante tutto il resto dei giorni trascorsi in Guinea. Emozionata, toccata al cuore da questo speciale incontro, al quale sono susseguiti poi incontri di non minore intensità, inizio a guardare i bambini, gli animatori, le donne gravide, gli uomini al mercato, i lebbrosi, i malati e mi chiedo: cosa mi distingue da loro? Non sono fatta, forse, della stessa carne? Non sono, forse, anatomicamente uguale? Non provo forse le stesse emozioni, se pur per motivi diversi? Serena o triste, speranzosa o scoraggiata, cosa è che mi distingue?

Non nasco dalla stessa volontà divina? Dio, ha desiderato me come ha desiderato loro: Nela, Bruno, Chilandia, Vania..?!?

Se pur la diversità e forse la lontananza per cultura, educazione e modo di concepire la vita, sembra in taluni casi incolmabile, lotto in quei giorni con il Pregiudizio e il Giudizio, le catene che bloccano la volontà del conoscere l’Altro; quel Diverso da me…lo Straniero.

E così mi butto e decido di vivere a fondo questa esperienza, di curare la mia paura, di combattere il pregiudizio cambiando lo sguardo verso questi uomini uguali e lontani da me, cercando ciò che abbiamo in comune, ciò che non ci divide, ciò che non ci separa, ciò che è Pace…e NON E’ GUERRA!!! Questa esperienza, regalandomi l’opportunità di lavorare con i guinensi, è divenuta una buona occasione per osservare il mondo da un altro punto di vista, da un’altra realtà e non essere semplice osservatrice.

Appena arrivata in Guinea ho avuto la sensazione di essere stata catapultata dentro un documentario, ma nel tragitto, sul camioncino, da Bissau (la “città”capitale) a Bula (la campagna), ho il tempo di rendermi conto che non è un sogno, né sono immagini televisive quelle che vedo…in Guinea ci sono proprio io!!!...e sono io la Straniera. Il pesce fuor d’acqua. Accolta e al contempo osservata per ciò che portavo addosso (le scarpe, i pantaloncini e una maglia), o meglio, per il semplice fatto di essere bianca (“Branco Pelele” dicevano i bambini rincorrendoci).

La povertà è tanta, troppa. Fa male vederla, toccarla, leggerla sul volto della gente: speranze troppe volte deluse, promesse fallite, obbiettivi mancati.

La polizia ci ferma e per lasciarci passare vuole le penne (per scrivere), gliene lasciamo una ventina. Nei giorni seguenti vado nei villaggi con Suor Ada (70 anni, 26 di missione in Guinea e tre ernie al disco); donna dalla forza impressionante, mai stanca e sempre sorridente…mentre noi giovani ragazze, dopo solo 3 ore boccheggiavamo dal caldo, dalla fame e dalla stanchezza.

Nei villaggi incontri un’umanità incredibile.

Creature di Dio che ancora muoiono di parto, che ancora non sanno leggere e scrivere, bambini che muoiono di morbillo, uomini che non conoscono la loro età, relazioni sociali complicate, affettività distrutte e disordinate, sguardi persi negli orrori delle guerre civili che spesso e purtroppo noi occidentali intellettuali e pluri-laureati appoggiamo in-consapevolmente.

Ma MAI sorrisi negati, mai abbracci rifiutati, e le strette di mano sempre calorose.

I bambini, poi, capaci di spezzettare il panino che ricevevano (già diviso a metà) con me, (certo magra, ma non denutrita).

Dentro gli occhi, dietro i volti, dentro i cuori ancora la luce del sorriso, la cordialità aperta, la fiducia.

Ma allora cosa ho io per meritarmi di più?

Certamente, delle differenze ci sono, eccome. Di fondo c’è una cosa che mi separa ... di netto. Ma non è la diversità di religione, n’è il modo di affrontare la vita che mi distingue (in Italia esistono stessi atteggiamenti e stesse mentalità, celate da un buon vestito e da superbie intellettuali che credono di aver capito tutto dell’uomo e del mondo, ma senza ... ahimé ... conoscere nulla di se stessi).

La vera differenza sta in un’Ingiustizia che amaramente esiste tra i popoli in Via di Sviluppo e quelli del Terzo Mondo, e così deve essere chiamata…una TERRIBILE INGIUSTIZIA!!

Dopo aver ascoltato alcune storie personali, ho pensato che se fossi stata nelle loro stesse condizioni, non sarei salita su un gommone pieno di profughi, ma sul primo pezzo di legno che galleggiava nell’oceano; mi sarei aggrappata con tutta me stessa e pensando alla meta avrei sbattuto i piedi fortemente. Forse, come qualche scrittrice italiana, avrei avuto (ma dalla parte opposta, quella dell’Altro), la sua stessa Rabbia e il suo stesso Orgoglio. Quella Rabbia maldestra e orgoglio malriposto che sta all’origine delle guerre più infami, capace di risvegliare la belva della violenza che è in ogni uomo, e ancor di più in colui che si sente vittima di un’ingiustizia. Quella rabbia che scatena l’inquietudine dove la Ragione depone le armi alla Paura e chiude le porte alla Speranza.

Credo piuttosto ad un uomo che 2000 anni fa è venuto al mondo per caricarsi delle mie miserie, della mia in-consapevolezza per restituirmi la coscienza, mi ha fatto scoprire di essere “un tesoro in vaso di creta”, mi ha dato Dignità, rendendosi Lui uguale a me mi ha reso uguale a Lui, ha reso Sacra la mia Vita, mi ha reso Libera. Si è fatto Responsabile di me, e Chiama l’uomo ad essere Responsabile: perché se la Vita è Sacra non può esserlo solo per me o per chi ritengo simile a me, ma anche per l’Altro. Per tutti coloro che questa sacralità non l’hanno scoperta. Per tutti coloro che continuano a lasciarsi morire, o che lasciano morire.

E’stato bellissimo incontrare i missionari, testimoni di questa presa di Responsabilità indicata da Cristo e da tanti altri Santi e uomini illuminati (Gandhi, M.L.King, Mandela, Dalai Lama, Madre Teresa di Calcutta).

P. Jeorge segue la costruzione dei pozzi nei villaggi, promuove e sostiene l’attività agricola nelle tabanche e la gratitudine della gente nei suoi confronti è grandissima. P. Gino a Bambadinca rappresenta l’esperienza di una condivisione totale della vita con la gente: un’esperienza che ha una sua luce, perché si concentra sul valore della prossimità e stimola a cercare cammini da fare insieme agli africani, ma… con le loro gambe e il loro passo.

Suor Valeria dedica la sua vita ai lebbrosi e “non sa se è felice”, ma sa che l’unica cosa che ha Senso è “..dare la Vita per causa Sua” . Ogni giorno con la sua delicatezza d’animo prende i monconi dei lebbrosi, cura le piaghe, accompagna a morire i malati di Aids, recupera nei villaggi di Cumura (che significa “luogo Maledetto” a causa della lebbra) i lebbrosi che muoiono perché non provano dolore (un dolore che in questo caso salverebbe). Restituisce Dignità a chi l’ha perduta.

Quello che mi ha colpito di loro e dei discorsi del vescovo è stato quell’atteggiamento di carità che ricevuto dal Cristo, restituiscono all’umanità sola. Quell’atteggiamento che non nega all’Altro, seppur Diverso e lontano da sè, la sua profonda umanità.

La loro Evangelizzazione era caratterizzata da questo sguardo: vedere nell’Altro l’impronta di Dio; riconoscergli la sacralità della sua Vita.

Forse le Guerre, quelle mondiali, quelle “intelligenti”, quelle “Sante” e di religione, economiche e di supremazia (a partire da quelle familiari e interiori) potrebbero essere placate se si riuscisse a vedere nell’Altro la presenza di Dio; un Mistero che non sempre è traducibile in termini Razionali. Si provasse, una volta tanto, ad avere quello sguardo di carità che ci fa nella diversità, figli di un unico Padre e fratelli di tutti gli uomini del mondo.””

1 Comments:

Blogger a1oradaqui said...

Speriamo che Francesca nn ci chieda i diritti d'autore!!

1:23 PM  

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